Opinioni

Il dopo-voto visto da un cristiano (e poeta). Tocca a noi leggere e riunire la società

Davide Rondoni sabato 17 marzo 2018

E ora? Cosa mi è chiesto, mi sono detto, come uomo e poeta, vedendo i risultati delle recenti elezioni? E cosa è chiesto a noi cristiani? Innanzitutto di comprendere. E di essere positivi e costruttivi. E per comprendere non si può non partire dalla storia, non solo dalla cronaca recente. Che l’Italia sia divisa politicamente non è una novità. I secoli ci mostrano un territorio su cui da sempre si contendono due o più fronti politici, un tempo diversi regni e signori, spesso aspramente. Mutano i contesti ovviamente e i protagonisti. Ma questo dato mostra che la tensione alla miglior convivenza civile non significa quiete politica. E che il protagonismo italiano nel mondo, in passato e anche ora, è legato solo in parte alla situazione politica. Ma si è nutrito di altre linfe, non solo della ricchezza e della posizione dei signori delle varie epoche.

La politica può e deve favorire la tensione alla unità e alla collaborazione civile, ma tale tensione non si origina né si esaurisce nella politica. Il primo errore che un cristiano deve evitare è di considerare la politica fonte e orizzonte di tutto. Mai come in questa recente tornata elettorale si è visto come molti (non tutti) tra gli 'esperti' (a vario titolo) di politica abbiano 'toppato' e non sappiano leggere la società e i suoi movimenti profondi. I cristiani dovrebbero essere degli esperti di anima, e quindi capire meglio le persone di chi le legge solo politicamente. Solo due esempi: i gravi fatti che hanno coinvolti ragazzi (vittime e carnefici) con gravi disagi sono stati letti in modo semplificatorio solo come problemi di 'fascismo' e 'antifascismo' mentre ci dicono soprattutto che c’è un grave disagio giovanile, che richiederebbe una rivoluzione nel mondo educativo. O i cristiani saranno protagonisti di questa rivoluzione o non saranno sale vero della società.

Secondo esempio, legato al primo: la grande commozione e partecipazione per la morte del giovane capitano della Fiorentina. È il riemergere potente del senso del sacro, delle domande fondamentali sul senso della vita. Viene dai campi da calcio, dalle curve degli ultras, non solo e non tanto da convegni accademici e da confronti paludati tra 'esponenti laici e cattolici'. Le periferie di cui parla Francesco sono varie, e chiedono presenza e forza. I cristiani in questa epoca di passaggio, registrata anche dalla politica (ma la politica registra per ultima certi moti del cuore e della società) hanno carte importanti da giocare. Al di là delle analisi spesso superficiali, peraltro, il voto dei cattolici impegnati e dei cattolici semplici – che non coincide necessariamente con i pensieri di una élite di cattolici – è stato determinante nel mutare il quadro politico. Proprio lo spostamento di una parte non irrilevante di questi voti ha modificato le cose.

Se questo sia avvenuto in linea con le indicazioni valoriali della Chiesa non lo lascerei interpretare agli stessi analisti che sui media hanno fallito tutte le loro letture. I vescovi italiani non hanno chiesto disciplina partitica, ma hanno dato indicazioni di valore e una proposta di stile, che ora devono essere verificate. In ogni caso, adesso la partita è aperta per chi dal Vangelo e dalla tradizione può sinceramente trarre energie e compiere quel che la fede e la testimonianza vissute hanno sempre creato in Italia: opere di arte, di carità e di socialità che contribuiscono a tenere unite le persone e a tirarne fuori il meglio. La sfida è forte, si tratta di mettere in campo più energie di ieri in questi campi, senza paura dei cambi d’epoca (e governi). L’invito che il Papa ripete a 'sporcarsi le mani' è attualissimo.