Opinioni

Il direttore risponde. Tobagi, quel «cercare» di una figlia

martedì 13 luglio 2010
Caro direttore,ho visto su Avvenire di domenica 4 luglio la bella pagina di Agorà riservata a un articolo-inchiesta di Walter Tobagi e mi ha fatto tanto piacere. Vengo dalla lettura del libro "Come mi batte forte il tuo cuore" di sua figlia Benedetta e ne sono ancora profondamente commosso. È il terzo dei tre libri scritti da figli di vittime del terrorismo che mi sono letto in successione: primo quello di Umberto Ambrosoli, poi quello di Mario Calabresi, ora quello della Tobagi. Libri bellissimi tutti: non per quello che raccontano, perché si tratta di tragedie tutte italiane che fanno male ancora, ma perché rivelano famiglie straordinarie: donne – le mogli-madri – di straordinaria forza e dignità, ma anche figli degni dei padri. Quello di Benedetta Tobagi è un libro al femminile, dove "femminile" vuole essere un complimento, perché rivela una passione, verrebbe fatto di dire, "senza argini": un amore e una dedizione che non sopportano freni e che considero patrimonio delle donne in modo privilegiato. Noi non ci arriviamo mai. Il libro ha tante tonalità: ha anche il sapore di una saga familiare, ma rimane sempre inchiesta, ricerca a tutto tondo, nomi e cognomi fatti con estrema sincerità e rigore… Un libro magmatico, che bolle ancora, attraversato da interrogativi che vanno al di là della storia. Perché uomini così piccoli e vuoti sono capaci di cose tanto terribili? L’uomo oltrepassa l’uomo, nel bene e nel male. Benedetta ha sofferto tantissimo: il libro sembra scandire le tappe di un doloroso cammino psicanalitico. Dice che non ha il dono della fede, come, al contrario, ce l’ha sua madre, ma chi sa scrivere quello che ha scritto lei sulla fede del babbo, chi sa spiegare cosa voleva dire per lui affidarsi alla Provvidenza o costruirsi una "vita interiore" per poter non solo "arrivare" ma "essere" , non è lontano dal regno di Dio. E comunque, al di là della fede, la sua ricerca è sempre un grande atto di amore. "Cercare" nel cammino di fede è un verbo importante. È il primo che usa Gesù nel vangelo di Giovanni: «Che cosa cercate?». Nel ricordo di Walter Tobagi vorrei perciò dire grazie a Benedetta per la sua splendida testimonianza, alla sua mamma, al fratello Luca, a tutta la famiglia. E ad Avvenire che non ha dimenticato il suo giovanissimo corrispondente.don Silvano Nistri, Sesto FiorentinoAncora il verbo «cercare». Ancora una bella e intensa riflessione che ne richiama altre, indubbiamente stimolanti e coinvolgenti, e a esse s’intreccia. Farà bene a Benedetta Tobagi specchiarsi in queste sue parole, caro don Silvano. E farà bene ai nostri lettori. Che, sulle pagine di Avvenire, grazie al "reprint" operato in quell’«Agorà della domenica», hanno potuto incontrare di nuovo un testo del grande giornalista che con la sua firma e la sua militanza intellettuale le abitò in modo davvero incisivo. Walter Tobagi è nella memoria di tanti, per noi è più di un ricordo: è parte di una curiosità, di una partecipazione e di una storia concreta che continuano.