La legge valorizzi la visione umanistica. Testamento biologico la persona al centro
Gentile direttore,
in questi mesi 'Avvenire' ha seguito con particolare attenzione i lavori in Commissione Affari sociali sulle norme in materia di consenso informato e dichiarazioni di volontà anticipate nei trattamenti sanitari. Vorrei sottolineare alcuni aspetti a mio giudizio rilevanti e poco presenti nel confronto. Oggetto della legge, in primo luogo, è il consenso libero e informato alle terapie proposte dal medico espresso dalla persona maggiorenne e capace di intendere e di volere, in attuazione dell’art. 32 della Costituzione. Non c’è alleanza terapeutica se non si basa sull’incontro di due volontà. La compilazione burocratica del modulo, che adesso è più a tutela del medico che non del paziente, non basta; ci vuole tempo e «il tempo per il consenso è tempo di cura», dice la nostra proposta. Mettere al centro la relazione terapeutica significa essere consapevoli che si cura la persona e non la malattia. Persona che ha una storia, un insieme di relazioni, di convincimenti, ha delle aspettative, delle speranze e capacità diverse da chiunque altro. Il rispetto per il paziente e la sua 'unicità' implica il rispetto per le sue scelte.
Non riesco a comprendere perché questo configurerebbe una diminutio del ruolo del medico; semmai richiede un di più di capacità di comprensione e di convincimento. E se il consenso è necessario, come da unanime giurisprudenza, non si può pensare che debba essere sempre e solo un 'sì': si può anche dire 'no' o 'adesso basta, lasciatemi andare'. Certo, per il medico il rifiuto del trattamento, o la revoca del consenso, possono essere vissute come una sconfitta. Ma un medico deve curare un paziente che non vuole essere curato? Ho in mente la tristezza del chirurgo riminese questa estate di fronte alla morte per tumore di una giovane donna che aveva ostinatamente rifiutato la chemioterapia, e poi anche la morfina; e ho apprezzato la pazienza di quel medico che l’ha accolta di nuovo in ospedale nella fase terminale. Il rispetto della scelta della persona non comporta il totale abbandono. Le Dichiarazioni anticipate di trattamento (Dat), il testamento biologico nel linguaggio corrente, sono lo strumento per chi vuole che la propria identità venga salvaguardata anche nel caso di eventuale futura incapacità di decidere, così come già accade in Germania, Gran Bretagna, Irlanda, Spagna senza che questo abbia comportato l’introduzione dell’eutanasia. In una recente intervista, rispondendo alla domanda 'che cosa la spaventa di più?', Mario Melazzini medico, direttore di Aifa e malato di Sla ha risposto: «Il fatto che qualcuno decida per me. Quindi di finire in arresto respiratorio e ritrovarmi con un tubo conficcato nella gola. Per quello che vale l’ho lasciato scritto, non voglio la tracheotomia».
Lavoriamo perché la sua volontà abbia valore, mettendo a punto strumenti idonei a trasformare l’individuo malato, anche e soprattutto se prossimo alla fine della vita, da 'oggetto' a 'soggetto' di interventi posti in essere nel rispetto dei suoi valori. Solo così «centralità del paziente» cesserà di essere poco più che uno slogan. Vorremmo evitare il modello unico di Dat da scaricare dalla rete e da barrare (tipo dichiarazione dei redditi), ma avere proposte e suggerimenti diversi. In fondo in questa società che rifugge la sofferenza e teme il morire scrivere le proprie Dat sarebbe una occasione di riflessione su di sé e sulla propria vita. Vorrei che si cogliesse la visione 'umanistica' che abbiamo introdotto nel testo, ora all’esame dell’Aula dopo un anno di lavoro in commissione. Mi auguro un clima di ascolto reciproco per un confronto nel merito. Dopo tanti anni di attesa, siamo arrivati a un testo equilibrato che rientra in una visione mite del diritto, frutto di una mediazione alta tra princìpi costituzionali di pari rango, quelli della vita e quelli della salute; questa mediazione ha portato a una sintesi che continuiamo a cercare anche durante l’esame in Aula, con metodo laico come ci invita a fare la Corte costituzionale.
*Capogruppo Pd in commissione Affari sociali della Camera e relatrice alla proposta di legge in materia di consenso informato e dichiarazioni di volontà anticipate nei trattamenti sanitari