Opinioni

Terzo settore. Due sfide necessarie e urgenti

Leonardo Becchetti domenica 19 maggio 2019

La politicissima 'guerra contro le reti di solidarietà' in corso nel nostro Paese ha un fronte interamente dedicato all’economia sociale e cooperativa. Qui, nel giro di breve tempo, per ben tre volte, il Governo in carica ha dimostrato assai scarsa comprensione e considerazione dell’importanza della società civile organizzata, delle imprese sociali e del Terzo settore. La prima volta è accaduto con la proposta di raddoppio delle tasse sugli utili reinvestiti da queste imprese nella loro attività sociale, la seconda con quella del divieto di assunzione di cariche nelle organizzazioni di Terzo settore per dieci anni dopo l’uscita dalla vita politica, la terza con una riduzione drastica dei fondi per l’accoglienza (da 35 a 21 euro al giorno per persona) mantenendo di fatto nelle scrupolose regole dei bandi di gara richieste che rendono praticamente impossibile l’erogazione del servizio.

Se le prime due proposte sono rientrate (la manovra sull’Ires, purtroppo, per ora solo per un anno …) grazie alla rivolta dal basso di cittadini e di organizzazioni, la terza è per ora confermata. I ritardi nel varo dei decreti attuativi sulla riforma del Terzo settore completano il quadro.

Una politica che attacca e vessa imprese sociali e Terzo settore è come quel tale che decide di segare il ramo d’albero su cui è seduto. Società civile, imprese sociali e Terzo settore più deboli significano minore capacità di affrontare e risolvere i problemi sociali che ci circondano, problemi che i cittadini chiedono di risolvere e, certo, di non complicare. Un approccio siffatto mortifica il principio di sussidiarietà, per il quale le organizzazioni dal basso più vicine al problema sono quelle più adatte a risolverlo, e governi e amministrazioni si troveranno con problemi sociali più gravi e meno risorse vocate ad affrontarli. Allo stesso tempo minori spazi di partecipazione, di cittadinanza attiva e di generatività ridurranno la felicità pubblica, ma anche quella privata, diminuendo soddisfazione di vita e ricchezza di senso dei cittadini che dalla generatività delle loro vite dipende (come evidenziato nella classifica del ben-vivere delle province italiane pubblicata da 'Avvenire' nel mese di marzo).

Poiché la tentazione (seppur masochista) dell’attacco della politica ad enti intermedi e Terzo settore continua a ripetersi è necessario a mio avviso che la società civile raccolga a questo punto una duplice sfida. La prima sfida è di carattere economico e organizzativo e consiste nel conquistare sempre di più, ove possibile, spazi di autonomia economica che riducano la dipendenza dal pubblico. La seconda è scendere in campo sul fronte della comunicazione e dell’impegno politico in modo più strutturato ed organico per contrastare questo attacco che è culturale prima ancora che nelle decisioni di politica del governo. Sulla prima sfida questo mondo si sta già attrezzando da tempo.

La mappa delle buone pratiche del Paese costruita attraverso il percorso delle ultime Settimane Sociali dei cattolici italiani fotografa una grande vitalità di iniziative, sia d’ispirazione cristiana sia di matrice laica, che puntano all’ibridazione tra mondo profit e non profit verso un orizzonte che coniughi creazione di valore economico ed erogazione di prestazioni sociali. Pensiamo alle eccellenze in ambito di servizi alla persona, agricoltura sociale, risposta alla domanda di generatività dei longevi, consumo e finanza etica e sostenibile, nuova e vecchia cooperazione di consumo e bancaria solo per fare alcuni esempi. Sulla base di questa mappa sono stati avviati in tutto il Paese cantieri dove ci si confronta e si affinano progetti innovativi.

La seconda sfida richiede una presa di coscienza di tutti i cittadini. Non è possibile assistere passivamente al rovesciamento e travisamento dei significati di parole come accoglienza, solidarietà, cooperazione o al gioco al massacro che usa l’esempio della mela marcia per gettare tutto il cesto delle mele sane. Gli strumenti di partecipazione a disposizione di cittadini sensibili per sostenere cause importanti sono oggi molteplici. Dalla presenza sui social ai flash mob e cash mob, fino a tutti gli strumenti più tradizionali di partecipazione sociale e politica. Il nostro Paese è pieno di radici valoriali, buone pratiche, ricette per la soluzione di problemi. Ma il bene politico è più difficile da realizzare di quello individuale perché le ricette non possono funzionare senza la collaborazione attiva dei cittadini.

Dove siamo ancora deboli è nella capacità di comunicare valori, buone pratiche e ricette per renderle contagiose e virali e dunque nella partecipazione civile e politica. In un momento come questo nessuno può sottrarsi all’impegno per evitare che in un giorno non lontano i nostri figli e le generazioni future ci chiedano 'voi dove eravate'.