Opinioni

Tenerezza di padre. Il Papa e la lezione di san Pio

*Paolo Martinelli domenica 18 marzo 2018



uesto umile frate cappuccino ha stupito il mondo con la sua vita tutta dedita alla preghiera e all’ascolto paziente dei fratelli, sulle cui sofferenze riversava come balsamo la carità di Cristo». Con le parole pronunciate a Pietrelcina, Francesco ha dipinto una stupenda icona di san Pio. Il Papa ha voluto rendere o



Santo del Gargano. Anche durante l’Anno della misericordia aveva voluto che il suo corpo arrivasse a Roma per poterlo celebrare, insieme a san Leopoldo Mandic, come santo dell’amore misericordioso. Tuttavia, è inevitabile rilevare anche un certo contrasto tra il nostro tempo, che abbiamo imparato a chiamare, a torto o a ragione, “postmoderno”, e la figura di padre Pio da Pietrelcina. Come possono stare insieme le scoperte tecno-scientifiche, i social media, la globalizzazione con un frate cappuccino, cagionevole di salute, dolce e burbero insieme, che trascorre la sua esistenza in un paese sperduto dell’Italia meridionale, ascoltando confessioni e celebrando quotidianamente la santa Messa con straordinario raccoglimento? Che cosa lo rende così significativo da attrarre ancora oggi persone tanto diverse? Giovani e anziani, poveri e ricchi, famosi e sconosciuti.

Certamente, si raccontano di tanti miracoli di guarigione realizzati per la sua intercessione. Egli appartiene a quelli che la sociologia della religione chiama “santi di protezione”, ai quali ci si rivolge spinti dal bisogno o da una necessità bruciante. Tuttavia, tutto ciò non basta a spiegare il “fenomeno Padre Pio”. Le parole che papa Francesco ha pronunciato nella sua visita a Pietrelcina e a san Giovanni Rotondo ci mettono sulla strada giusta. In particolare, nell’omelia ha ricordato tre parole fondamentali: la preghiera, la piccolezza e la sapienza della vita. E ha voluto accostare a queste parole tre realtà istituite o vissute dal santo cappuccino: i gruppi di preghiera, diffusi in tutto il mondo; la Casa sollievo della Sofferenza, un ospedale da lui realizzato, nel quale papa Francesco, nel momento più commovente della visita, ha visitato i piccoli malati del reparto di oncoematologia Pediatrica; infine, il confessionale come luogo della vera sapienza.

Da questo intreccio, a mio avviso, emerge un aspetto fondamentale del nostro santo: la sua paternità.

È significativo che, nonostante sia canonizzato ormai da diversi anni, continuiamo a chiamarlo semplicemente “Padre” Pio, perché per tutti coloro che lo hanno incontrato egli è stato semplicemente un padre; in lui hanno visto qualcuno che si è preso cura di loro, sia materialmente sia spiritualmente, sempre accompagnando e incoraggiando. Allora comprendiamo perché in una “società senza padri”, come è tristemente la nostra, una tale figura possa attrarre le donne e gli uomini del XXI secolo. Anche perché in lui non c’è traccia di un padre-padrone, di cui non si sente peraltro nostalgia, ma troviamo un “grande” che non ha smesso di essere “piccolo”, un padre che non ha smesso di essere figlio obbediente, come ricordato da papa Francesco: figlio della Chiesa, figlio di san Francesco d’Assisi, figlio della sua gente e della sua terra. In sintesi: ciò che lo ha reso punto sicuro di riferimento paterno è stato il suo essere profondamente figlio, figlio nel Figlio Gesù, fino a portare sul suo corpo i segni della passione gloriosa. Qui sta anche la radice di un altro aspetto potente della sua personalità: la capacità affettiva per i suoi figli e le sue figlie spirituali, documentato molto bene nel suo epistolario. Un affetto tenero e forte, tanto profondo quanto libero e casto, un affetto che non chiude, ma spalanca e lancia nella vita, nella certezza di essere amati sempre. Di che cosa ha bisogno, infatti, la persona oggi se non di scoprirsi voluta? Ecco il “segreto” di padre Pio: essere con la vita testimone della tenerezza del Padre.

*Frate minore cappuccino e vescovo ausiliare di Milano