Il direttore risponde. Tasse, come premiare gli onesti
Caro direttore,
ho letto la sua risposta del 23 settembre alla lettera proveniente da Chiari (Bs). Ho molto apprezzato la prima parte della risposta, riguardante la cattiva educazione civica che non permette a molti italiani di capire l’importanza di partecipare alla spesa per il bene comune. Poiché i beni pubblici hanno un costo, che è pagato proprio con le imposte, dovremmo considerare negativamente chi, evadendo, fruisce "a sbafo" dei beni pubblici scaricandone il costo sugli onesti. Mi permetto invece di dissentire sulla seconda parte della sua risposta. Il contrasto di interessi sistematico da lei auspicato non funziona o funziona male solo per la differenza dei numeri in gioco. Consentire in maniera generalizzata detrazioni dall’imponibile o dall’imposta a fronte delle spese quotidiane significherebbe di fatto detassare i consumi: l’imposta recuperata ai fornitori verrebbe in qualche modo "restituita" ai consumatori, dando vita – oltre che a un sistema di difficilissima gestione – a una redistribuzione di risorse di cui è assai discutibile sia l’opportunità, sia l’efficacia in termini di gettito.
Non va dimenticato, inoltre, che per il fornitore l’Iva è neutrale (non la incamera, la riversa all’Erario). Il suo "risparmio" a non emettere la fattura è nell’imposta sul reddito. E poiché l’aliquota di quest’ultima è più alta di quella dell’Iva, il fornitore potrebbe sempre offrire al consumatore "connivente" uno sconto più alto dell’Iva che il consumatore stesso potrebbe recuperare (a distanza di tempo, anche di un anno) in dichiarazione allegando la fattura.
Non c’è dubbio che in alcuni casi il conflitto di interessi possa essere utile (un esempio in tal senso ce lo forniscono le detrazioni, in vigore ormai da quasi 15 anni, sulle spese per ristrutturazioni edilizie). Ma è un meccanismo che può essere previsto (e infatti il nostro ordinamento lo prevede) in casi ben precisi: ad esempio, per spese con alta rilevanza sociale (tipicamente, le spese mediche) o per settori ad alta evasione (le citate detrazioni edilizie). Non certo come regola generale. E del resto in nessuno Stato esiste un esteso sistema di "contrasto di interessi" come ricetta magica per battere l’evasione (neppure negli Usa, contrariamente a quanto si ripete in continuazione). Direi anzi che in Italia abbiamo comunque un numero significativo di casi di detrazione dei costi: basta esaminare la nostra dichiarazione dei redditi. Purtroppo, il problema dell’evasione è un problema complesso e, come diceva un noto scrittore americano, per ogni problema complesso esiste una soluzione semplice, chiara, evidente… e sbagliata.
È insomma certamente giusto – su questo aspetto convengo pienamente con lei – che bisogna puntare sull’idea di premiare gli onesti, invece che limitarsi a punire i disonesti. Ma occorre forse agire su meccanismi di altra natura. Quali? Agire, ad esempio, sulle potenzialità incentivanti della <+corsivo_bandiera>tax compliance<+tondo_bandiera> (l’adempimento spontaneo agli obblighi fiscali) legate a motivazioni fondamentali dell’animo umano: motivazioni di natura intrinseca – il rispetto di sé, l’autostima e la cura della propria reputazione – che si ritrovano però al centro della stessa dimensione economica dei comportamenti, al punto che Adam Smith, il padre dell’economia moderna, ne fece oggetto di una riflessione approfondita. Su queste motivazioni dovremmo tutti con intuito e intelligenza sempre più far leva.
Attilio Befera, Direttore dell’Agenzia delle Entrate