Opinioni

Analisi. Tassare le cose o le persone? Viaggio nella resistenza alla patrimoniale

Pietro Saccò domenica 13 ottobre 2024

Gli esseri umani tendono ad attribuire a ciò che possiedono un valore superiore a ciò che non hanno. Richard Thaler, premio Nobel per l’economia nel 2017 e uno dei padri dell’economia comportamentale, la disciplina che incrocia scienza economica e psicologia, lo ha definito “effetto dotazione”. È una fallacia logica, un meccanismo mentale naturale ma scorretto: se fossimo quegli individui perfettamente razionali e sensati che la maggioranza degli economisti continua a includere nei loro modelli teorici dovremmo attribuire a un bene lo stesso valore, a prescindere dal fatto che rientri o meno nelle nostre disponibilità. Ma siamo umani, facciamo errori e possiamo continuare a sbagliare con ostinazione anche quando siamo consapevoli di poter fare diversamente e meglio.

L’effetto dotazione può aiutare anche a spiegare la determinazione con cui, più o meno dappertutto, gli elettori-contribuenti si mostrano ostili alle imposte sul patrimonio, qualsiasi forma esse prendano, mentre sembrano accettare meno dolorosamente gli aumenti della tassazione sui redditi. Perché i patrimoni rientrano nel sopravvalutato insieme delle “cose che già hanno” mentre i redditi fanno parte del sottovalutato gruppo di “ciò che devono ancora avere”. Succede ovunque. In Francia il nuovo governo guidato da Michel Barnier ha appena ottenuto un primo via libera per una manovra finanziaria di emergenza, necessaria per riportare sotto controllo i conti pubblici, e tra le misure più contestate c’è una patrimoniale straordinaria che colpisce lo 0,3% più ricco della popolazione. Nel Regno Unito la minaccia di una maggiore tassazione dei milionari ha aumentato i già numerosi guai del nuovo primo ministro Keir Starmer. In Italia la sola idea di aumentare le valutazioni catastali degli immobili ristrutturati (e dunque ri-valutati) con soldi pubblici per effetto del superbonus al 110% sembra avere trasformato in pochi giorni l’immagine di Giancarlo Giorgetti, ministro dell’Economia, da amico del mondo produttivo a vecchio socialista.

L’impopolarità della tassazione dei patrimoni, a partire dalle case, e delle loro rendite e la relativa passività con cui gli elettori accettano o non percepiscono facilmente aumenti della tassazione dei redditi è uno dei principali fattori che ha portato le economie occidentali alla complicata situazione attuale: gli ascensori sociali si sono inceppati, per i giovani che non hanno eredità consistenti è sempre più difficile procurarsi un’abitazione, la ricchezza è in mano agli anziani e la debolezza finanziaria di chi potrebbe fare figli contribuisce al drammatico declino demografico. La diagnosi, nella sua estrema sintesi, è che chi ha può mantenere il suo benessere e chi non ha deve accontentarsi della sua condizione.

Questo scenario sconfortante vale ancora di più per l’Italia, che ha respinto come ingerenze sgradite decenni di inviti degli osservatori internazionali (Fondo monetario e Ocse su tutti) per tassare di più le cose e meno le persone. Concretamente significa che il bilancio pubblico sul lato delle entrate si affida ogni anno di più all’incasso dell’Irpef, l’imposta sui redditi che attinge soprattutto dai pochi rimasti nella classe media: le persone che guadagnano tra i 35mila e i 100mila euro all’anno sono il 20% dei contribuenti ma portano il 52% del gettito Irpef. Le imposte sulla proprietà, calcola l’Ocse, in Italia fanno il 5,7% del gettito fiscale complessivo, quando in Francia sono all’8% e negli Stati Uniti oltre il 10% (sono invece più basse in Germania, al 2,8%).

Nella situazione di cronica scarsità di risorse in cui restano le nostre finanze pubbliche pensare a una maggiore tassazione dei patrimoni per allentare la pressione fiscale sui redditi delle famiglie sarebbe una scelta ovvia. Lo sarebbe ancora di più se si volesse guardare l’enorme debito pubblico italiano, pronto a sfondare i 3mila miliardi di euro, per quello che in effetti è: denaro preso in prestito per essere distribuito in varie discutibili forme (pensioni giovani e irripetibilmente generose o bonus edilizi follemente munifici, per prendere un esempio dal passato remoto e uno dal passato prossimo) con scelte che hanno finito per arricchire una parte della popolazione a spese di tutti gli altri. Compresi quei bambini che oggi sono sui banchi di scuola e fra una decina d’anni scopriranno quanto può essere dura la vita del contribuente di uno Stato sovraindebitato.