Opinioni

Le ombre del caso Hollande. Tartufi e vizi capitali l’antiesempio francese

Giorgio Ferrari mercoledì 15 gennaio 2014
«Se non avessimo difetti – scriveva nel lontano 1665 François de La Rochefoucauld –, non proveremmo tanto piacere a notare quelli degli altri». Non stupiamoci dunque del circo mediatico esploso attorno alla picaresca vicenda del presidente francese Hollande, colto sul fatto in una gaglioffa relazione amorosa (improprio chiamarla extra-coniugale) che ha profondamente umiliato la compagna e première dame Valérie Trierweiler e messo contemporaneamente alla berlina il primo cittadino di Francia, anche se con insistenza si comincia a parlare di una macchinazione messa a segno dalla destra e dagli amici di Sarkozy. Non faremo quindi inopportuni moralismi né sdottoreggeremo sulla perdita di credibilità dell’inquilino dell’Eliseo: uno che naviga fra il 15 e il 18 per cento dei consensi – la più bassa popolarità mai riscossa tra tutti i presidenti della Quinta Repubblica – più che sotto la soglia di ogni possibile fiducia lo diremmo sopraffatto da un dilagante malcontento. Gli stessi risultati economici del Paese parlano di virtuale recessione dopo tre trimestri negativi e di un aumento significativo della disoccupazione, un rapporto deficit/Pil che non riesce a scendere sotto la soglia prevista del 3%, una spesa pubblica che divora il 55% della ricchezza nazionale e un impietoso raffronto con la Germania, il cui differenziale sui bond sovrani è inspiegabilmente esiguo laddove secondo Goldman Sachs per allineare Parigi a Berlino su debito e conti pubblici i francesi dovrebbero abbassare il loro standard di vita del 40%. Questo spiega abbondantemente la prepotente ascesa dell’euroscetticismo del Front National di Marine Le Pen, di fatto primo partito nei sondaggi e minacciosamente proteso a fare il pieno di voti alle elezioni europee di maggio. Ma torniamo a monsieur Hollande. Atteso da quasi seicento giornalisti per la conferenza stampa di inizio anno, si è presentato ieri pomeriggio con algida spavalderia, mesto simulacro di una grandeur ampiamente dissipata già con il crepuscolo di Chirac. Il presidente era preparato alla più insidiosa delle domande – la prima che gli è stata rivolta – e ha fornito la più prevedibile delle risposte («Gli affari privati si trattano in ambito privato»), invocando discrezione e riservatezza su una vicenda che in realtà oltre che mondana è diventata a suo modo un affare di Stato. Perché nella sua pur legittima ritrosia a rispondere alla domanda: «Chi è a questo punto la première dame?», Hollande si è scordato di chiarire – nonostante una generica rassicurazione – l’aspetto più nebuloso e inquietante delle sue sventatezze: se è ammissibile che il capo supremo delle forze armate circoli in incognito e soprattutto se la famigerata valigetta con le chiavi dell’arsenale nucleare francese (che lo accompagna dovunque vada) lo avesse seguito oppure no nella garçonnière a due passi dall’Eliseo. E qui occorre dire due parole sulla stampa francese e – in ossequio a Molière – sul suo tartufismo. La palma d’oro va a "Le Figaro", quotidiano non sospettabile di simpatie socialiste, che fino all’ultimo ha negato l’evidenza  titolando: «François Hollande demande le respect de sa vie privée», in ossequio a un’antica consuetudine transalpina che vuole che s’ignorino le faccende private dei potenti (l’elenco è vasto: dalle due famiglie e la figlia segreta di Mitterrand, alle "scappatelle" di Giscard D’Estaing, ai piccoli segreti ancillari di Chirac).A rompere il muro di omertà (o di riservatezza) è stata "Closer", rivista non di primo piano né di specchiata autorevolezza. Un sasso nello stagno, però. Utile, alla fine. A ricordare che chi serve lo Stato e la cosa pubblica dovrebbe sforzarsi di usare una prudente distanza dai vizi capitali. Dovrebbe provarci, per lo meno. Chi meglio del suo antico rivale Strauss-Kahn potrebbe confermarglielo?