Un 56esimo applauso al Presidente e l'attesa di una ripartenza di sistema
Mi si chiede, con acuta e motivata amarezza, se non sarebbe stato meglio, riflettere di più e applaudire di meno il rieletto Sergio Mattarella. Le due cose non sono in contraddizione. Purché, poi, si sia una buona volta capaci di efficace coerenza...
Caro direttore,
la dignitosa persona del Presidente rieletto e il suo ineccepibile discorso, necessario e ammirevole nella pacatezza, non meritavano oltre 50 applausi. Mi è sembrato di assistere al Politburo del Pcus. Tanto applaudire per liberare un sommerso non omogeneo ... per imbrogliare ancora noi cittadini. Ci sta l’accoglienza e, persino, l’ovazione... ma chi ascoltava avrebbe potuto fare l’esame – un primo esame – a sé stesso e al sistema o alla storia recente del nostro Paese. Avrebbe fatto meglio a riflettere! Ma, ahimè, lei ha visto qualcuno in qualche angolo che, invece di applaudire, rifletteva?
don Fausto Gnutti
Lei come molti di noi cittadini semplici ha buone ragioni, caro don Fausto, per essere civilmente amareggiato e lucidamente polemico. Per chi, magari, avrà stentato a capire il suo richiamo al Politburo, dico in breve che era un organismo politico composto dai superdirigenti che attorniavano il segretario del Partito comunista ai tempi dell’Unione Sovietica; ne facevano in genere parte fedelissimi del sistema e del suo capo pro-tempore e nei filmati propagandistici questi grigi signori erano sempre in piedi e plaudenti. La sua è, dunque, un’immagine forte, un rimbrotto sintetico eppure potente e motivato. Che una parte del Parlamento si è anche meritato. Del resto, non è un mistero che, da troppi anni, a causa delle liste bloccate (cioè senza possibilità di indicare il proprio candidato con una preferenza, o due in caso di voto per una donna e per un uomo) e delle candidature paracadutate (cioè senza consultazioni primarie) nei collegi uninominali si entra alla Camera e al Senato solo se i capi di turno dei vari partiti sono d’accordo e agevolano (o non ostacolano troppo) l’elezione o la rielezione... Ma un’altra parte del Parlamento, niente affatto piccola, nella vicenda della riconferma di Sergio Mattarella ha svolto un ruolo intelligentemente propositivo e decisivo. Ne abbiamo dato conto attraverso cronache e commenti e anche in questo spazio di dialogo coi lettori.
Lei ha ragione, però, caro e reverendo amico, a far balenare la stridente contraddizione tra certi applausi alle indicazioni del Capo dello Stato e le inerzie o gli ostruzionismi che, anche negli ultimi anni, hanno impedito alle assemblee legislative e al governo di incidere positivamente su quelle stesse materie. E critici e incalzanti, del resto, siamo stati spesso e continuiamo a esserlo anche noi, in più di un commento e in diverse sottolineature. Eppure, don Fausto, seguo sino a un certo punto il suo ragionamento. Perché non è affatto vietato riflettere mentre si applaude (un po’, mi passi il paragone, come non è affatto vietato pregare mentre si lavora o, per esempio, si va in auto). E soprattutto si può continuare a riflettere anche dopo, cercando di essere conseguenti con l’applauso fatto. Questo è ciò che anch’io mi auguro che accada, portando frutto su fronti importantissimi: sanità, istruzione, ambiente, povertà, cittadinanza... Ed è per questo che venerdì scorso, 11 febbraio, con l’editoriale del professor Glauco Giostra dedicato alla condizione delle nostre carceri abbiamo ricordato a tutti che «Gli applausi non bastano». Ma mi auguro anche che tutti noi, eletti ed elettori, sappiamo vedere e far emergere con chiarezza la differenza che c’è tra il pur legittimo agire da uomini donne di parte e – su temi e passaggi cruciali – l’impegno da parlamentari, cioè da rappresentanti di tutto il nostro popolo preoccupati prima di tutto dell’interesse generale. Non è un sogno, è ciò che sta scritto nella Costituzione e in quelle che definiamo “le pagine più belle” nella vita della nostra democrazia. Una di queste pagine più belle, a mio avviso, è proprio il discorso nitido e forte che il rieletto Sergio Mattarella ha rivolto al Parlamento e ai delegati delle Regioni riuniti in seduta comune e, insieme, la reazione dell’Assemblea a quel saper fondere mandato costituzionale e concreta agenda dell’oggi, delineando tappe importanti del percorso dell’Italia negli anni a venire. Per quanto mi riguarda, perciò, questo dialogo tra lei e me, per la comune preoccupazione e il non del tutto coincidente parere che lo animano, per la richiesta ai leader politici di farla finita con la slogan-mania, dimostrando di saper vedere e realizzare obiettivi essenziali e che non possono essere piegati a calcoli faziosi, è il 56esimo applauso al nostro Presidente della Repubblica. Un applauso niente affatto grigio e da Politburo, ma assolutamente libero e convinto. L’elezione di Mattarella, per il modo in cui è maturata, per la ripresa di ruolo del Parlamento, può e deve essere davvero un punto di ripartenza del sistema democratico. E questa è la centrale precondizione di ogni altra duratura ripresa. Si rifletta su questo. E non si sprechi neanche un giorno del settennato che s’è appena aperto.