Silicon Valley, mondo di estrema ricchezza e opportunità senza limiti. Il luogo dove si è verificata la più grande creazione di tecnologia e ricchezza nella storia del pianeta, fra Stanford University e i social media (come scrivono Arun Rao e Pietro Scaruffi in
A History of Silicon Valley). Dove sono nati l’elettronica, il microchip, i semiconduttori, il capitale di rischio, il software e Internet. E dove nei 'campus' (non solo aziende, ma microcosmi di sushi gratuito, massaggi e lezioni di yoga) di Google, Facebook e Apple, Yahoo, Intel, Ebay, Hewlett Packard, Microsoft e Twitter si guadagna in media 290mila dollari l’anno e persino gli stagisti, con i loro 80mila dollari, intascano quasi il doppio del reddito familiare mediano Usa. Silicon Valley, insomma, patria, fino non molto tempo fa, della 'giungla'. Al suo apice, the jungle dava casa a circa 350 persone, e si era conquistata così il primato del più grande accampamento abusivo d’America. Tende, capanne di lamiera, caverne scavate fra gli alberi, auto. Una baraccopoli dalla quale i cartelli al neon delle società della tecnologia brillavano come stelle di un universo lontano. Ed ostile. La giungla, infatti, era un bubbone per la vallata. Poco più di un anno fa, il comune di San Jose ha fatto piazza pulita, spinto anche dalle minacce di cause giudiziarie di gruppi ambientalisti che temevano che la spazzatura e i rifiuti umani inquinassero il Coyote Creek. Nel giro di un paio di settimane, decine di squadre avvolte in tute bianche di plastica stile ebola, affiancate da camion della spazzatura e armate di potenti getti d’acqua, hanno completato il processo di sgombro. I detriti sono scomparsi, la puzza si è dissolta. Missione compiuta, se non fosse che il Comune non aveva un piano per sistemare tutti quei 'rifiuti umani'. E così gli abitanti della giungla, che hanno osservato impotenti i bulldozer dalla riva del fiume che avevano usato per anni come latrina, sono rimasti ancora una volta senza casa. Sei mesi dopo, le autorità locali hanno trovato appartamenti a 144 di loro, sovvenzionando gli affitti per due anni. Gli altri nel frattempo sono scomparsi: sparpagliatisi silenziosamente nel sottobosco della popolazione itinerante della valle. Secondo il Dipartimento della Casa e dello sviluppo urbano della California, ci sono più di 8000 persone senza fissa dimora nella Silicon Valley. Il 75 per cento, il tasso più alto tra le principali città della nazione, non vive in rifugi. Dove allora? Kurt Gomez è fortunato. Dorme in macchina, un Suv Chevrolet che ha comprato, usato, con i suoi ultimi risparmi, quando si è reso conto di non potersi permettere un affitto. E sa di essere privilegiato, perché ha quattro ruote e un lavoro, e la speranza di poter un giorno risalire la china. Molti altri, cinquemila secondo le stime ufficiali, dormono nei parchi, sotto i piloni dell’autostrada, o nel cosiddetto 'hotel 22'. Il 22 è una linea di autobus che circola 24 ore al giorno, fa la spola tra San Jose e Palo Alto. I senzatetto alla sera pagano il biglietto e si accomodano su un sedile, dove cercano di sonnecchiare per l’ora e mezza del percorso. Al capolinea scendono, timbrano un nuovo biglietto e ripartono in senso opposto. Notte dopo notte. Le statistiche sui senzatetto non comprendono le famiglie che vivono abusivamente nei garage di conoscenti, o ammucchiate nelle cantine. La maggior parte mente sulla propria sistemazione, nel timore di vedersi portare via i figli e nella speranza spesso illusoria che questa tappa dolorosa si chiuda alla svelta. Non è facile infatti riprendersi da un incidente di percorso, come un licenziamento o una malattia, quando la rete di protezione sociale è pressoché inesistente e l’affitto medio nel raggio di settanta chilometri è di 3.163 dollari al mese (secondo Zillow Real Estate Research), con aumenti annui di almeno il 10 per cento. Perché allora restare in questa vallata dove sopravvivono solo i più forti e i più ricchi? «Molti senzatetto qui appartengono a due categorie – spiega Kurt Gomez – o sono impiegati delle società della tecnologia che hanno peso il lavoro, ma sperano di rientrarvi, oppure sono famiglie locali da generazioni, che sono state spinte ai margini a poco a poco proprio dal boom della tecnologia che ha generato costi di vita insostenibili. Sono scivolati sempre più in basso, e ora non hanno neanche le risorse per andarsene». Le associazioni non profit calcolano che per non vivere in povertà nella valle una famiglia di quattro persone ha bisogno di almeno 60mila dollari l’anno, mentre per avere una casa di dimensioni decenti ne servono 100mila. Questo significa che due genitori possono avere due lavori modesti e non riuscire a permettersi di dare un tetto ai loro figli. Se ufficialmente non vi sono molti bambini senza tetto nella Silicon Valley, il loro disagio compare in altre statistiche. Un bambino su tre qui ha provato la fame. E questa è la regione con il secondo tasso più elevato di povertà infantile nel mondo industrializzato. «La Silicon Valley moderna vive sul presupposto che chiunque può avere successo – commenta Poncho Guevara, dell’associazione cattolica
Sacred Heart community service di San Jose, che fornisce cibo e vestiti gratuiti –. I bambini poveri si chiedono perché loro non possono». I comuni della zona stanno cercando di rispondere alle esigenze dei più bisognosi, ma le loro risorse si sono ridotte negli ultimi anni. La sola Santa Clara stima una carenza di 16.000 unità abitative a prezzi accessibili, ma la California, di fronte ai gravi deficit di bilancio causati dalla recessione, ha eliminato i trasferimenti statali per lo sviluppo di alloggi a prezzi controllati. Dal 2010, i fondi da tutte le fonti, federali, statali e locali per case a prezzi accessibili sono diminuiti di un terzo. L’Housing Trust di Silicon Valley calcola che la contea di Santa Clara avrebbe bisogno di almeno 222mila dollari l’anno in più per migliorare le condizioni abitative dei suoi abitanti. Non è una cifra enorme, e molti pensano che le aziende della tecnologia abbiano l’obbligo di dare una mano: sono loro ad aver trasferito in Cina o in India i posti della classe lavoratrice, mantenendo nella vallata solo gli impieghi più qualificati, e sono loro ad avere spinto gli affitti ben oltre portata di molte persone. Ci sono molti esempi lodevoli al loro interno, da lavoratori che fanno opera di volontariato a grosse donazioni alle organizzazioni non-profit che aiutano i senzatetto. Ma non sono sforzi sistematici e continui che possano sostituirsi efficacemente ai servizi sociali. «Dove il costo della vita è alto e il sostegno del governo carente, la condizione di senza fissa dimora diventa cronica», aggiunge Guevara. Infatti, nelle ultime settimane una nuova 'giungla' è già sorta alla periferia di San Jose. Gli sfrattati si sono raggruppati, con i loro carrelli della spesa pieni di effetti personali, dietro un grande magazzino Walmart, su Story Road, a meno di un chilometro di distanza dalla giungla originaria. «Ognuno ha dovuto ricominciare da capo e trovare una nuova sistemazione – dice Jennifer Loving, direttore dell’associazione Destination Home – e trovare un nuovo luogo dove non rischino altri guai. Almeno per qualche mese».