Opinioni

L'augurio più inclusivo. Tante ragioni per ripeterci ancora quel Buon Natale

Eugenio Mazzarella mercoledì 22 dicembre 2021

Documento di lavoro interno, proposta per l’Assemblea o per la Commissione che fosse (prima di essere ritirato), la 'direttiva' Ue di evitare nella comunicazione ufficiale dell’Europa gli auguri di 'Buon Natale', e i nomi di Maria, Giuseppe, Gesù perché simboli non inclusivi dell’accoglienza che dobbiamo ai simboli e ai valori di altre culture e confessioni religiose, è quanto di più offensivo ci possa essere per l’identità europea, il buon senso e soprattutto per quello che quei simboli (le 'figure' del Presepe cristiano) veicolano. E cioè l’accoglienza della vita così come viene al mondo, anche nella sua 'estraneità' alle leggi della natura e della storia, ai vincoli e alle convenzioni di ogni cultura.

Quel che va in scena, nella storia delle culture umane, dall’Annunciazione alle figurine del Presepe è la nascita di un’antropologia, quella cristiana, dove 'prima' viene la vita al di là dei panni (Re del mondo o poveraccio, reietto) che indosserà. Cristianità ovvero Europa, cioè la nostra 'cultura' (quella che si pone il problema di non offendere le culture degli altri), si gioca su un sentire fondativo di una capacità di accoglienza dell’umano - eccedente nel suo mistero a tutte le sue condizioni naturali, biologiche e culturali - affacciatasi alla storia nell’esperienza cristiana della vita. Esperienza che ha proposto alla civiltà del Mediterraneo, regnanti Augusto e Tiberio, quello che sarebbe divenuto il suo patrimonio morale distintivo: una dignità dell’uomo che non è nella disponibilità di nessun potere umano (che la può solo riconoscere), ma solo dell’amore, della fondativa solidarietà universale del fatto umano garantito nella paternità incarnata di Dio. E poiché è stata, è divenuta, questa capacità è possibile, e abbiamo una natura conforme a essa. È un fatto storico, perché è stata concepita nel cuore dell’accoglienza umana, la cui ispirazione divina è il vero miracolo del cristianesimo.

L’esperienza cristiana della vita come questa capacità di accoglienza del divino dell’uomo, dell’uomo come gli venga come a lui «divino», è il contenuto antropologico dell’Incarnazione cristiana nella scena dell’Annunciazione. Perché la stessa divinità di Cristo lì è stata «concepita» ( afferrata dal cuore e dalla ragione) nel seno di Maria e nel cuore di Giuseppe: nella loro accettazione della rottura dell’ordine naturale (Maria che dice sì, che accoglie l’annuncio, l’iniziativa di Dio, anche se è immacolata e «non conosce uomo», Luca 1,34); e dell’ordine culturale (Giuseppe che pensò di rimandarla in segreto, e non lo fece e tenne con sé la donna, Matteo 1, 18-24). Il Cristianesimo è stato inventato, 'trovato', da questo, da questo puro genio dell’accoglienza, che ti libera da tutto, da tutte le condizioni date; che fa incarnare il divino in mezzo agli occhi, che ci fa vedere divino ogni uomo che ci venga incontro o che incontri caduto sulla strada. La morale del Samaritano ne è la logica conseguenza.

Come divenire storico - è la sua perenne scommessa educativa, il cuore dell’evangelium, al di là delle abissali cadute ha vissuto e che continua a vivere - il cristianesimo è la trasmissione di questo genio dell’accoglienza dell’umano. Cristo è il Maestro-testimone di questo genio, di questa personalizzazione della fede in cui metto il mio cuore su un altro, in un altro in un incontro che mi rinnova. E mi fa libero, libero da ogni condizionamento del Potere.

'Buon Natale' è l’invito e l’augurio ad ogni uomo a 'ri-nascere' così, libero, accogliente; quale che sia la sua cultura, la sua razza, la sua religione (il nome dell’unico Dio che gli è nativo, e persino del non-Dio del suo possibile ateismo; dove per Dio, se c’è, l’uomo resta solo un’occasione).

'Buon Natale' è l’augurio più inclusivo che c’è. Solo un’Europa ed europei che non sanno più chi sono, possono pensare di offendere augurandosi ed augurando 'Buon Natale'.

Buon Natale - laicamente, interreligiosamente, interculturalmente - significa solo 'rinasci': non come sono io, ma in te, come sei tu, solo migliore - per te e per i tuoi fratelli. Per i cristiani, qualcosa in più: ricordati del Bambino (e del Maestro che è divenuto) che te lo ha insegnato. A meno che l’invito a 'rinascere' all’incontro con gli altri non sia proprio quello che si vuole evitare; troppo impegnativo. Meglio 'Buone feste', per consumare senza essere disturbati un po’ di più e non cambiare niente dei giorni feriali finite le feste. L’avevano capito i pastori. Possibile non lo capiscano i dottori del Sinedrio europeo? Buon Natale a tutti.

Filosofo, Università Federico II Napoli già parlamentare della Repubblica