Investimenti. Ricerca, l'Italia punti sulle onde gravitazionali
L’interferometro italiano Virgo, a Cascina (Pisa)
Il Nobel per la fisica assegnato quest’anno per gli studi sui “buchi neri” ha portato alla ribalta il tema delle “onde gravitazionali” previste un secolo fa, nel 1915, dalla Relatività Generale di Einstein e che sembrano avere una loro definizione poetica nel verso di Vincenzo Cardarelli “e un brivido percorse la terra” (Autunno). Queste onde, infatti, possono veramente definirsi dei brividi che attraversano il nostro pianeta, brividi però talmente impercettibili al punto da far credere allo stesso Einstein che non sarebbero mai stati registrati da nessuna strumentazione. Ma anche i geni possono sbagliare e infatti cinque anni fa, il 14 settembre del 2015, alle ore 9:51, due interferometri del progetto 'Ligo' (Laser Interferometer Gravitationalwave Observatory) hanno rilevato per la prima volta l’esistenza di queste onde. E da quel giorno il 14 settembre è stato proclamato “Gravity Day”, giorno della gravitazione, perché queste onde sono strettamente legate alla gravità.
Per capire cosa sono queste onde gravitazionali bisogna fare alcune premesse. Secondo Einstein qualsiasi oggetto pesante in movimento emette onde gravitazionali. Queste si propagano alla velocità della luce e al tempo stesso sottraggono energia al corpo che le ha causate. Anche la terra, nel suo piccolo, è sorgente di onde gravitazionali che a lungo andare ne modificheranno l’orbita e la faranno precipitare sul sole (questo, anno più anno meno, succederà fra mille milioni di milioni di milioni di milioni di anni e dunque non c’è motivo di preoccuparsi). Ovviamente anche i “buchi neri”, che sono lo stadio finale di stelle molto massicce, producono onde gravitazionali e ciò che è stato rivelato è l’effetto causato dalla collisione di due enormi “buchi neri”, distanti da noi 1,3 miliardi di anni luce e le cui masse erano rispettivamente 36 e 29 volte quella del Sole.
I due “buchi”, che ruotavano uno attorno all’altro a una velocità pari alla metà di quella della luce (e dunque circa 150.000 Km/sec), si sono fusi in un unico oggetto che però, a conti fatti, risultava essere di 62 masse solari. Al conteggio, quindi, ne mancavano tre ma, come è noto, in natura nulla si crea e nulla si distrugge ma tutto si trasforma e quei tre buchi mancanti si sono per l’appunto trasformati in energia sotto forma di onde gravitazionali. E queste, dopo aver viaggiato per 1,3 miliardi di anni luce, sono state catturate dai due strumenti di 'Ligo', posti negli Stati Uniti a circa 4 Km l’uno dall’altro. Infine, altro dato sorprendente, al momento del loro distacco dal “buco nero” l’energia emessa dalle onde è stata paragonata a quella emessa da 100 mila miliardi di soli!
Non va dimenticato, però, che anche l’Italia ha voce in capitolo nella ricerca delle onde gravitazionali. Dal 1994, infatti, è attivo nei pressi di Pisa, in località Santo Stefano a Macerata, l’interferometro 'Virgo', formato da due bracci a forma di L lunghi ciascuno 3 Km, che ha collaborato con il progetto 'Ligo' alla scoperta della prima onda gravitazionale, scoperta che nel 2017 fu insignita del Nobel per la fisica anche se, purtroppo, il riconoscimento andò solamente agli americani. Dopo 'Ligo' e 'Virgo' si sta già pensando a un progetto di “terza generazione” chiamato ET, una sigla che richiama il famoso extraterrestre di Steven Spielberg ma che in realtà sono le iniziali di “Einstein Telescope”, uno strumento che potrebbe essere installato in Italia, e precisamente in Sardegna. Quando si parla di telescopi si pensa sempre a strumenti puntati verso il cielo mentre ET sarà sistemato sotto terra. Si tratta di uno strumento gigantesco a forma di triangolo i cui lati misurano 10 Km e sarà posto ad almeno 100 metri sotto terra.
Due sono i siti candidati. Uno si trova nel Nord Europa in una regione posta al confine fra Germania, Olanda e Belgio e l’altro in Sardegna, nella regione Barbagia (Nuoro) che, detto per inciso, è stata pure citata da Dante nel XXIII canto del Purgatorio. Qui, come spiega il responsabile nazionale del progetto Michele Punturo, è stata individuata una miniera in disuso che potrebbe essere utilizzata per il posizionamento di ET. La Barbagia è stata candidata perché si tratta di una zona sismicamente quieta e con una densità di popolazione bassa, tutti requisiti che garantiscono una riduzione al minimo dei rumori che potrebbero interferire sulle strumentazioni. Come si legge nel Progetto presentato all’Esfri (Forum strategico europeo per le infrastrutture di ricerca), l’installazione di ET in Sardegna, che prevede un investimento di almeno un miliardo e mezzo di euro, avrà un notevole impatto socio-economico e costituirà una occasione di sviluppo unica nel suo genere. Si prevede che in fase di costruzione potranno essere garantiti più di 2.500 posti di lavoro e l’alto valore scientifico dell’impresa offrirà la possibilità alla Sardegna di diventare un grande polo scientifico di valore internazionale.
Le onde gravitazionali, come abbiamo ricordato all’inizio, sono strettamente legate alla Relatività Generale, una teoria che andando oltre Newton propone una nuova e rivoluzionaria teoria della gravitazione universale, talmente nuova che Einstein, poco esperto di matematica, si accorge di non possedere gli strumenti per esprimere i suoi concetti. Per questo si rivolge al collega matematico Marcel Grossmann con la famosa frase: “Aiutami, sennò divento matto!”. E Grossmann gli fa conoscere il “Calcolo differenziale assoluto”, un algoritmo che il matematico Gregorio Ricci Curbastro aveva creato una ventina di anni prima. E grazie al lavoro di Ricci Curbastro la Relatività Generale ebbe finalmente la sua formulazione matematica. Tutto questo per dire che il grande albero della Relatività Generale affonda le sue radici in Italia, a dimostrazione dell’alta qualità della nostra scuola.
Per restare nel campo dell’astronomia non va dimenticato che gli studi del direttore dell’Osservatorio di Arcetri Franco Pacini, recentemente scomparso, aprirono la strada alla scoperta delle “stelle di neutroni”, i residui dell’esplosione di una “supernova” conosciuti anche come “pulsar”. Senza scomodare il genio di Galileo Galilei, che con il suo “metodo sperimentale” è universalmente considerato il padre della scienza moderna, altri italiani si sono fatti onore nel campo della fisica ricevendo il Nobel. Dal famoso gruppo di fisici conosciuto come “i ragazzi di via Panisperna” uscirono ben due premi Nobel, Enrico Fermi ed Emilio Segré. Fermi, che del gruppo era l’indiscusso leader, progettò nel 1942 la “pila atomica” che produsse la prima “reazione a catena controllata” dell’uranio mentre Segré ha legato il suo nome alla scoperta dell’antiprotone.
In tempi più recenti hanno ottenuto il prestigioso premio Riccardo Giacconi e Carlo Rubbia, il primo per gli studi che hanno condotto alla scoperta delle prime sorgenti cosmiche di raggi X e il secondo per la scoperta delle particelle responsabili della cosiddetta “interazione debole”. Rubbia, fra l’altro, ha ideato un motore particolare che con l’utilizzo di appena 2,5 chili di un particolare isotopo dell’americio (un elemento radioattivo che si ottiene “bombardando” il plutonio) potrebbe ridurre di circa tre mesi il viaggio di una astronave verso il pianeta Marte, il “pianeta rosso” sul quale da un po’ di tempo è al centro delle attenzioni in vista di una sua esplorazione. E se il motore di Rubbia sarà realizzato, la conquista di Marte potrebbe essere effettuata grazie al contributo del nostro paese.