Un fatto eccezionale. Sono le parole più utilizzate per descrivere il nubifragio che nella serata di martedì ha rimesso in movimento l’enorme frana che, scivolando ad altissima velocità lungo il versante dell’Antelao, ha provocato tre morti a San Vito di Cadore. Una bomba d’acqua, termine giornalistico abusato, mentre tecnicamente si dovrebbe parlare di evento meteorologico estremo. Che ormai non dovrebbe più essere chiamato 'eccezionale'. Negli anni 90 questi eventi estremi erano 4-5 all’anno, nel 2014 sono stati oltre 400, più di uno al giorno. Dati forniti un mese e mezzo fa nel corso degli «Stati generali sui cambiamenti climatici e la difesa del territorio» organizzati dal Ministero dell’Ambiente e da #Italiasicura, la Struttura di missione per il dissesto idrogeologico della Presidenza del Consiglio. Clima e dissesto, un’accoppiata ormai inscindibile. Ce lo confermano gli eventi – non più eccezionali, appunto – che anche quest’anno stanno colpendo ogni pochi giorni diverse zone del nostro Paese. Basterebbe ricordare la tromba d’aria dell’8 luglio sulla Riviera del Brenta con quattro morti e il nubifragio dell’1 agosto a Firenze che in poche ora ha provocato danni per 20 milioni di euro. Si parla, a sproposito, di clima impazzito, in realtà è semplicemente un clima che reagisce (anche) agli attacchi dell’uomo. Sempre lo scorso anno il valore della temperatura media è stato il più elevato dal 1961, ben superiore – +1,57° C – a quelli del 1994 e del 2003, anni noti per le alte temperature e finora in testa alla negativa classifica. Un anno davvero da record con precipitazioni superiori alla media del 13%, ma con molte differenze territoriali: al Nord l’incremento è stato enorme, con un +36%, al Centro moderato con +12%, mentre al Sud le precipitazioni sono calate del 12%. Numeri ancora una volta confermati dalle tragedie della cronaca. E, come sempre, piove sul bagnato, anzi sul cementificato, sul degradato, sul distrutto. Il consumo di suolo prosegue al ritmo di 7 metri quadri al secondo, con percentuali che in alcune aree del Nord arrivano oltre il 35% del territorio. Suolo impermeabilizzato, dove l’acqua sempre più abbondante e in tempi brevi scorre sempre più velocemente. E scorre in un territorio geologicamente fragile, e reso ancora più fragile dagli interventi sbagliati dell’uomo. Così c’è davvero poco da stupirsi se sempre nel 2014 si sono verificate 211 frane importanti, con ben 14 vittime. In testa anche qui soprattutto il Nord, con Liguria, Piemonte, Veneto, Lombardia e poi Toscana e Campania. Tra le frane dello scorso anno anche quella di San Vito di Cadore che però, come hanno spiegato ieri gli amministratori locali, si era fermata in quota. Una situazione evidentemente instabile. E il nubifragio dell’altra notte ha completato nel modo peggiore la sua discesa. Decine di migliaia di metri cubi di rocce e terra non hanno fatto altro che quello che sanno fare da milioni di anni: scendere verso il basso. Ce lo insegnano gli splendidi paesaggi dolomitici, fatti di pinnacoli e ghiaioni, frutto di un lento degrado naturale che ora l’uomo sta drammaticamente accelerando. Si poteva evitare? È l’ennesima domanda. Si poteva spostare il parcheggio? Si poteva intervenire sulla frana? Difficile avere ora delle risposte (oltretutto è stata appena aperta un’inchiesta della magistratura), ma una riflessione è ancora una volta necessaria. Ci aiuta Papa Francesco che nel suo intervento alla Fao nel novembre 2014 disse che «Dio perdona sempre le offese, gli abusi. Gli uomini perdonano a volte. La Terra non perdona mai!». Parole forti che evocano sia i cambiamenti climatici che il dissesto del territorio. Serve che la prossima Conferenza sul clima di Parigi trovi finalmente un accordo, ma davvero vincolante sulle emissioni dei gas serra. Ma serve anche che in Italia i piani del Governo contro il dissesto idrogeologico vadano avanti velocemente e che si trovino altri fondi. Come scriviamo nel giornale, mancano proprio per il Nord. Vanno individuati e stanziati in fretta: non sono un lusso, ma un obbligo. Un investimento per evitare lutti e danni peggiori. Se gli eventi non sono più eccezionali, eccezionale deve invece essere lo sforzo del Paese.
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