Editoriale. Sul crinale dell'abisso
«La ruota della storia sembra talvolta smarrire la sua strada». Nella giornata della Memoria, il presidente Mattarella ha detto ciò che sentiamo in molti, noi italiani cresciuti in 79 anni di pace, ormai ogni volta che guardiamo un tg. Dal 7 ottobre: come una scossa elettrica il massacro, a freddo, di 1.200 israeliani in una notte, e gli stupri efferati, e i sequestri. La sensazione di un limite sacro violato, mentre dal 1945 l’Occidente giurava: mai più.
E quel giorno abbiamo compreso lo sgomento e la rabbia di Israele, e considerato inevitabile il suo difendersi, e addirittura il vendicarsi. Siamo uomini: immaginate per un momento che lo scempio fosse accaduto da noi, e su una minoranza da sempre perseguitata. Immaginatevi che fossero nostri figli, gli annientati e i bruciati: non avreste sentito il sangue salire agli occhi, a accecare?
«Una raccapricciante replica degli orrori della Shoah». Ha dovuto, Mattarella, ricordarci che cosa è stato davvero il 7 ottobre, perché travolti dall’orrore della guerra a Gaza ce ne siamo un po’ dimenticati. Nel vedere morire a migliaia i bambini palestinesi ci siamo detti: atroce l’attacco, ma la reazione è intollerabile. E guardando al bilancio delle vittime, è vero. Allora qualcuno ha messo in secondo piano il 7 ottobre: quasi una pagina come altre, fra tante pagine funeste della storia.
No. Senza niente giustificare della ferocia scaraventata su Gaza, occorre però capire cosa è stata, quella notte per Israele. Proprio perché da 79 anni si giurava “mai più”, e noi, nati dopo, chiedevamo increduli ai genitori come un tale sovvertimento fosse stato possibile. “Mai più”. I rigurgiti antisemiti nelle cronache, pure risorgenti, ci sembravano il segno di un male endemico, ma in fondo minoritario. oi, quella notte, una premeditata apocalisse: le famiglie massacrate, le donne violate e uccise. Perfino le donne gravide, annientate con la loro creatura. (Le donne sono la stirpe, la vita che dà vita. Se non è un genocidio, distruggere con voluttà le donne, le madri).
Nei primi giorni un senso di pudore ha fermato le immagini di quella notte. Poi, siccome il mondo sembra non capire, alcuni siti ne hanno diffuse sul web. Occorre coraggio per guardare i nidi d’infanzia inondati di sangue, i lattanti bruciati, le madri fucilate con un figlio in braccio; e quella schiera di cadaveri anneriti chiusi nei sacchi, in fila. Il 7 ottobre, venuta su dall’abisso, la ferocia della Shoah, di nuovo.
Questo è lo choc che fatichiamo a capire fino in fondo. In Israele oltre 192mila anziani cittadini sono scampati all’Olocausto. Considerando i loro figli, nipoti e pronipoti, almeno un milione di israeliani sa di vivere perché un bisnonno è un sopravvissuto. E quanti altri sono venuti da pogrom e ghetti dimenticati. Quel Paese, sulla carta geografica, è piccolo come la Toscana, nell’oceano dei Paesi arabi. Temono di essere annientati, di nuovo.
All’inizio, la reazione di Israele ci è sembrata in fondo inevitabile. Che avremmo fatto, se quei bambini fossero stati nostri? Perdonare, davanti a tanto sangue, è parola da usare con pudore: chiedendoci almeno se noi ne saremmo capaci.
Ma quella notte quasi dimenticata ora, nella devastazione di Gaza. Nido di Hamas, ma casa di centinaia di migliaia di innocenti. Atterriti abbiamo visto la distruzione sistematica della città, i padri fra le macerie in cerca dei figli, le donne con in braccio bambini inerti – in quell’abbandono stremato che sempre ci ricorda il Cristo morto, nella “Pietà” di Michelangelo. Abbiamo visto gli ospedali al buio, le incubatrici in cui i neonati morivano; e i Tir carichi di cibo bloccati, e gli assalti della gente alla fame. Spaventoso, ci siamo detti, scoprendo con scandalo che anche le vittime possono diventare carnefici. Certo che possono: ce lo aveva detto anche Primo Levi. Apparteniamo tutti alla famiglia umana, tutti possiamo il male.