Piccola storia di normale civiltà. Su quel treno inter-etnico in un giorno d'estate
A sud di Roma: piccola storia italiana di normale civiltà Venerdì scorso sono salito su un treno regionale Roma-Napoli. Direzione Priverno-Fossanova. Vagoni strapieni. Fatico a entrare. Trovo un appiglio di fortuna e mi appresto a fare in piedi il viaggio di un’ora in una sorta di carro bestiame.
Mi guardo attorno: situazione perfetta per sondare quanta intolleranza xenofoba sia entrata negli italiani. Posti a sedere occupati da ambulanti di colore e loro mercanzie, bambini urlanti, ragazzi con teste un po’ troppo rasate e tutti col proprio smartphone (che ormai fa tutto ma non emette aria fresca: un’idea che porgo agli esperti di settore). Bene. A un certo punto una signora italiana chiede a un ragazzo seduto di togliere la sua borsa dal pavimento e metterla sulla cappelliera per far posto 'a una signora con passeggino'. Il ragazzo se la guarda. A malincuore toglie la borsa e la mette sulla cappelliera.
Arriva il passeggino. Bimbo nerissimo e paffuto. Mamma con altro pargolo attaccato al collo. Decisamente extracomunitaria. Forse clandestina. Magari infetta. Addirittura terrorista. La signora italiana rincara la dose: 'Ma scusi, non la vede? Si alzi, per favore, e la faccia sedere'. Il ragazzo non comprende se la poverina non ha capito chi ha davanti, cosa rischia, o se è decisamente 'fuori' per il caldo. Fa ostentatamente finta di niente. La signora, senza alcun timore, alza leggermente il tono: 'Non mi ha sentito? Sia cortese, faccia sedere la signora!'. La signora dalla pelle nera e con i due bambini, certamente extracomunitaria e immigrata, forse 'clandestina' e infetta, magari terrorista, si schermisce: 'Ma no... non importa, non serve... '. Sono pronto a dare man forte (tanto, con quella ressa, non sarei a tiro!) ma... succede l’impensabile. Le sardine in scatola (gli altri passeggeri) insorgono: 'Aho, ecché non hai sentito? Pe’ piacere arzate e fa’ sede’ la signora!'.
Prima una poi due, poi tre, poi tante voci. Il ragazzo si guarda attorno, pensa in pochi istanti a cosa gli convenga fare, poi si alza e sussurra: 'Prego'. La signora dalla pelle nera, si avvicina, si siede e un po’ commossa dice: ' Merci, grazie...'. Il vagone si guarda. Ci guardiamo in faccia, e ci vediamo. Nel nostro piccolo mondo abbiamo ristabilito, almeno per un po’ una piccola e benefica armonia. Ci sentiamo un po’ sollevati, nonostante il caldo opprimente. Sollevati e più umani. E penso ci faccia bene perché da quel momento a ogni stazione è tutto un 'Mi scusi, dovrei scendere'... 'Prego...'. Arrivo a Priverno che sono da strizzare, con mezz’ora abbondante di ritardo. Le altre sardine continuano il loro viaggio verso sud. Scendo nel sottopasso pensando che davvero, almeno a queste mediterranee latitudini, non tutto è perduto.