I video intimi, i negazionisti e la giustizia. Su Fb basta anonimi e irresponsabili
Si fa strada il pensiero che Facebook dovrebbe reimpostare il suo funzionamento. Mi associo. In questo momento Facebook ha due controversie, una con la giustizia italiana e una con la giustizia tedesca. La giustizia italiana ritiene che Facebook doveva stoppare la circolazione del video hard denunciato dalla ragazza che ne era protagonista, e che per non essere riuscita a fermarlo si è uccisa. La giustizia ragiona così: dopo la denuncia, Facebook sapeva cos’era quel video, poteva misurarne la natura offensiva, e doveva rimuoverlo.
La risposta di Facebook si basa sulla libertà garantita a tutti gli utenti, sul rifiuto di una censura, e quindi un controllo preventivo, e sulla responsabilità che è solo di chi posta commenti o immagini. Alla fine però accetta il verdetto: il video per cui s’è uccisa la ragazza sarà bloccato. Il caso tedesco è diverso, e si riferisce a testi e commenti negazionisti, che non ammettono la storicità dello Sterminio. Sotto sotto, il non ammettere lo Sterminio è un modo per non condannarlo, e non condannarlo è un modo per approvarlo. Che uno Stato esiga che nel suo territorio la negazione dello Sterminio sia vietata in tutte le comunicazioni, e soprattutto nelle più diffuse come Facebook, è giusto. Quindi, come stoppare e punire i reati che vengono commessi tramite Facebook? Anzitutto, Facebook non può chiamarsi fuori, e dire che lui non c’entra.
Nel caso della ragazza italiana che s’è suicidata, Facebook è il motivo scatenante della tragedia. Ha dato allo scandalo una diffusione mondiale e inarrestabile: la ragazza non ha visto altro rimedio che togliersi dal mondo. Quando lei ha fatto la denuncia, Facebook doveva individuare chi aveva postato quel video, togliere quel video (i suoi link) dalla circolazione, ed eliminare gli autori dalla propria lista di utenti. Facebook è intasato d’iscritti malintenzionati, che s’iscrivono proprio per entrare in contatto con migliaia di utenti e colpirli o danneggiarli o derubarli. Tre settimane fa c’è stata un’ondata di post porno. Venivano caricati sulle pagine di utenti ignari ed erano pronti per essere cliccati, ma se li cliccavi saricavano un virus che danneggiava il computer. Poco dopo è partita l’ondata dei post di usurai. E questa è ancora in corso. Ieri sulla mia pagina ne sono stati scaricati dodici.
Invitano a chiedere denaro in prestito, forniscono un numero di cellulare, danno le email di clienti soddisfatti. Il lato criminoso di una simile operazione sta qui: perché a promuovere prestiti usurai dev’essere la mia pagina? Se questi usurai lo fanno dalla loro pagina, lo facciano, ma se vogliono farlo dalla mia pagina, non dovrebbero potere. Io posso, come utente, bloccarli, chiedendo a Facebook di rimuovere il loro post. Facebook mi chiede: «Ti dà fastidio? È spam? È immorale? È razzista?». A quanto capisco, per Facebook la risposta più grave è «è spam».
Se dico 'spam', lui mi risponde: «Questo utente non potrà disturbarti mai più». Sulle prime resto perplesso, penso: «E che gli fanno, lo uccidono?», poi capisco che semplicemente gli tolgono la possibilità di mandarmi messaggi. Va bene, ma manderà gli stessi messaggi a mille altri. Per avere più potere su di loro, Facebook dovrebbe semplicemente 'sapere chi sono'. È l’anonimato la fonte dei reati sui social media. Quelli che han diffuso il video hard della ragazza che poi s’è uccisa, ci avrebbero pensato mille volte se avessero saputo che in pochi minuti sarebbero stati individuati personalmente. I lanciatori di sassi dai cavalcavia perché lo fanno? Perché contano di non venire mai scoperti.
Noi non sappiamo chi sono i nostri corrispondenti su Facebook, troppi sono coperti da un profilo falso. Un amico ha controllato la mia lista e mi ha chiesto: «Come mai hai novanta parrucchiere da Nizza?». Io? Mai saputo. Facebook è un’autostrada dai mille cavalcavia dai quali piovono sassi, scagliati da lanciatori con una maschera sul volto.