La Carta tradita. Su famiglia, maternità, figli il fallimento dei Diritti umani
Così col tempo le normative nazionali hanno tradito i principi delle Carte Ruolo dei genitori e tutela dei minori sacrificati alla dottrina individualista (Foto Siciliani)
Se confrontiamo il clima di speranza e di fiducia nel futuro, che accompagnò la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948, con le celebrazioni e le analisi che si svolgono nel 70° anniversario dell’evento, registriamo come un doloroso distacco, una sorta di disillusione, maturate negli ultimi anni per le attese e le speranze tradite, per un progressivo sbiadire di quella che era ritenuta una svolta nella storia dell’umanità. Fu Hannah Arendt, tra le più grandi sostenitrici dei diritti umani, a parlarne come di una nuova Legge sulla terra, un nuovo Sinai, che avrebbe fatto da scudo allo scempio provocato dai totalitarismi della modernità, quasi un rinnovato decalogo per l’evoluzione da compiere.
Nel bilancio che un po’ tutti stiamo facendo di questa fase storica, sono tante e diverse le disillusioni patite, per la violazione di diritti essenziali, come il diritto alla vita, all’integrità, alla dignità della persona, dei minori e dei più deboli, che hanno provocato guerre e persecuzioni, e lasciano sul campo tragedie e vittime in tanti luoghi della terra. Di questa riflessione, necessaria e deprimente, c’è traccia sugli organi di stampa, da 'Avvenire' al 'Corriere della Sera', e nei più recenti discorsi commemorativi. Anche per questa ragione è opportuno l’approfondimento su un fallimento specifico dei diritti umani provocato sui temi della famiglia, della maternità e paternità, della cura delle nuove generazioni. Anche perché pochi istituti come la famiglia e la genitorialità sono stati oggetto di tante attenzioni e cure da parte delle Carte Internazionali, e proprio in relazione a essi, leggi di singoli Stati, o atti di sedi sovranazionali, hanno dimenticato, negato, stravolto, princìpi universali solennemente proclamati. S i potrebbe quasi comporre un Codice della famiglia e della genitorialità, armonico e coerente, fondato sulle grandi scelte valoriali compiute già nel 1948, e in altri solenni documenti. La definizione dell’art. 16 della Dichiarazione Universale, per la quale «la famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e dello Stato», e quella che identifica i soggetti protagonisti in «uomini e donne che hanno il diritto di sposarsi e fondare una famiglia » senza limitazioni razziali, di cittadinanza o di religione. La destrutturazione della famiglia inizia da quando s’è cancellata la centralità dei vincoli familiari e stravolta l’identità eterosessuale del matrimonio, con la violazione, letterale e sistematica della normativa internazionale.
Dalla distorsione di questo nucleo antropologico sono derivate altre distorsioni, in primo luogo della maternità e genitorialità, che le Carte dei diritti tutelano con formule impegnative, inequivocabili, per la tutela del rapporto di filiazione e delle nuove generazioni. Dalla «protezione speciale che deve essere accordata alle madri» (Patto Internazionale sui diritti economici sociale e culturali del 1966), al riconoscimento che la «maternità è una funzione sociale, e uomini e donne hanno responsabilità comuni nella cura di allevare i figli e assicurare il loro sviluppo» (Convenzione sulla eliminazione d’ogni forma di discriminazione della donna del 1979). Altre Convenzioni assicurano la tutela del fanciullo perché cresca «sotto la cura e la responsabilità dei genitori e, in ogni caso, in un’atmosfera d’affetto e di sicurezza materiale e morale, mentre 'il bambino in tenera età non deve essere separato dalla madre» (Dichiarazione dei diritti del fanciullo 1959).
Ripetutamente codificato è il diritto di «entrambi i genitori» a una «responsabilità comune nell’educazione» dei minori, e il diritto di questi a non essere separati dai genitori (Convenzione sui diritti del fanciullo 1989). Nonché il diritto di padre e madre di «scegliere l’istruzione da impartire ai loro figli» (Dichiarazione Universale 1948), in modo conforme alle loro «convinzioni religiose e filosofiche» (Protocollo Addizionale della Convenzione Europea del 1950). Anche per questo, nello Statuto del Consiglio d’Europa, approvato a Londra nel 1949, i Governi firmatari riaffermano «il proprio attaccamento ai valori spirituali e morali, che sono il patrimonio comune dei loro popoli e la vera fonte delle libertà individuale, della libertà politica e della preminenza del Diritto». Si dà certezza alla cornice ideale dei valori morali della famiglia e della maternità come fondamenti della nuova Europa che allora si voleva costruire. S e, però, si guarda all’oggi, ad alcune normative nazionali, si vede lo scempio, che s’è fatto e cresce sempre più, dei princìpi appena enunciati. Si ha come l’impressione di un accerchiamento della famiglia, che porta a un vero e proprio sbianchettamento delle Carte internazionali. Si tratta di un declassamento di cui leggiamo tutti i giorni, fatto di piccole e grandi cose, che inizia dalla negazione del 'diritto alla verità', non più garantito a chi nasce, mentre il processo procreativo è manipolato fino a nascondere il diritto alla genitorialità. Altri effetti vengono giù a cascata da un negazionismo che lascia senza fiato: fecondazione eterologa, maternità surrogata, adozioni asimmetriche, si afferma per alcuni il diritto all’anonimato della procreazione, si toglie ad altri il diritto di conoscere le proprie origini.
La disinvoltura con cui si nega il primo diritto umano a chi nasce deforma il matrimonio, mentre la cultura del cosiddetto gender produce l’ulteriore effetto di cambiare lessico alla famiglia, alla sequela parentale. I coniugi non si chiamano più marito e moglie, costretti ad adottare sigle ricognitive astratte, si creano problemi di genere per i rapporti d’affinità. Il conflitto di diritti contro diritti si proietta nel futuro delle generazioni con l’imposizione del genitore unisex raddoppiato. Si realizza una delle più clamorose operazioni di tradimento e offuscamento delle Carte dei diritti umani, con la negazione di ogni cura e tutela della maternità e paternità. La legge cancella la doppia genitorialità, la madre in casa può non esserci, viene allontanata, è spezzato il rapporto del bambino con il corpo del padre o della madre, fino a inibire le parole papà, mamma, che tutti i bambini pronunciano, perché in casa le due persone non ci sono, c’è una sola figura genitoriale che può non avere alcun rapporto biologico con il minore. L a negazione della verità porta infine alla manipolazione estrema della genitorialità, la maternità surrogata, che viene oggi pretesa, contrattualmente imposta, come forme pubblica di vendita del corpo della donna, della sua maternità, di sfruttamento fisico ed economico della femminilità. La surroga di maternità realizza una mostruosità eticogiuridica, anche perché non si capisce più a chi spetti il diritto alla verità, quali siano i ruoli delle parti. Qual è il diritto del figlio, che forse non conoscerà mai le proprie origini; della madre sociale che non 'consegni' il figlio ai committenti; di chi ha commissionato il figlio, vantando o meno una genitorialità naturale. Si giunge così a uno degli approdi individualistici che superano perfino gli schemi della alienazione e sfruttamento paleocapitalistici, e può nascere un nuovo proletariato femminile dei Paesi poveri a servizio dei Paesi ricchi: lo Stato sociale si umilia e permette che la povertà spinga le donne a procreare figli altrui, con una servitù che cancella ogni traccia di dignità umana.
Proprio in questi giorni di celebrazione della Dichiarazione del 1948, dobbiamo ammettere che dietro le picconate ai diritti della famiglia s’intravede una umanità nuovamente divisa in due: chi fruisce dei diritti come un bene di lusso che l’egoismo e il denaro assicurano, e gli altri, i diseredati, che vengono depredati delle loro primordiali umane. Tra questi, anzitutto i bambini, che possono essere privati dell’accoglienza genitoriale e familiare che tutti sognano come prima garanzia per vivere su questa terra. Se poi seguiamo il suggerimento di papa Francesco, e guardiamo al questa realtà, «con gli occhi dei piccoli », si stringe il cuore nel constatare che il nuovo decalogo di cui parlava Hannah Arendt può fallire e non governare più il futuro dell’uomo.