Opinioni

I dati. Stranieri meglio integrati a scuola antidoto a esclusioni e tensioni

Maurizio Ambrosini venerdì 12 agosto 2022

Studenti stranieri nelle scuole italiane: questa espressione già suona come una forzatura, e di certo non piacerà a gran parte dei diretti interessati. I due terzi di loro infatti sono nati in Italia, e molto probabilmente il loro percorso educativo si è svolto sempre in Italia e in lingua italiana. Che siano considerati stranieri è una scelta politica, che neppure questa volta il Parlamento ormai disciolto è riuscito a correggere. Nei fatti però la loro integrazione avanza, giacché la loro carriera scolastica assomiglia sempre di più a quella dei ragazzi con cittadinanza italiana, come mostrano i dati dell’ultimo rapporto del Ministero dell’Istruzione sull’argomento (2020-2021): chi è nato in Italia raggiunge risultati migliori, è meno esposto ad abbandoni e ritardi, frequenta più spesso i licei (circa uno studente delle superiori su tre), rispetto a chi è nato all’estero. Ancora meglio vanno le ragazze, riflettendo una tendenza generale, ma smentendo lo stereotipo della sottomissione a famiglie oppressive. Le ragazze di origine immigrata stanno costruendo il loro destino a forza di impegno nella scuola e di buoni risultati.

Impossibile ignorare poi un dato più generale: mentre l’allarme invasione ritorna a infiammare la campagna elettorale, il numero degli alunni con cittadinanza straniera è in realtà per la prima volta diminuito. Nessuna sostituzione etnica alle viste. Un po’ perché malgrado le norme più restrittive dell’Europa occidentale ogni anno un certo numero d’immigrati acquisisce la sospirata cittadinanza italiana (133.000 nel 2020). Molto perché nell’ultimo decennio non sono soltanto diminuiti drasticamente i nuovi ingressi, ma pure i ricongiungimenti familiari: un’Italia economicamente stagnante ha smesso di essere attrattiva. E questa, malgrado le apparenze, non è una buona notizia. Anche le classi ad alta concentrazione di alunni di origine immigrata diminuiscono, attestandosi poco sopra il 3%. Il fenomeno dell’alta concentrazione non è positivo e va contrastato con politiche scolastiche mirate, ma prima di tutto va ricondotto alle sue effettive dimensioni. Ammesso che sia giusto parlare di scuole-ghetto, si tratta di rare eccezioni.

Malgrado i miglioramenti, alcuni seri problemi rimangono. Si chiamano ritardo, abbandono, canalizzazione. Gli studenti 'stranieri' fanno più fatica a tenere il passo, specialmente quando hanno frequentato un tratto del percorso scolastico in altri Paesi. In parte perché vengono inseriti in classi inferiori alla loro età anagrafica, in parte perché non raggiungono risultati sufficienti, soprattutto nel primo biennio delle scuole superiori. Il ritardo scolastico spesso si traduce in abbandono precoce. In un Paese che nel complesso non brilla per la capacità di mantenere i ragazzi nel sistema educativo, gli alunni di origine immigrata classificabili come ELET (Early Leaving from Education and Training), ossia usciti senza un titolo più alto della licenza media, sono più di uno su tre. In entrambi i casi, ritardi e abbandoni, sono i maschi a denotare maggiori difficoltà.

Rimane ancora molto consistente infine, malgrado i progressi, la canalizzazione nei rami meno prestigiosi dell’istruzione superiore: mentre tra gli studenti con cittadinanza italiana uno su due frequenta un liceo, tra gli studenti con cittadinanza straniera il dato si colloca poco sopra il 30%. Gli altri dopo le medie vengono in vario modo orientati verso l’istruzione tecnica e professionale. Si tratta in parte di realismo e di suggerimenti ben intenzionati, in parte di sottovalutazione delle capacità dei ragazzi e delle ragazze che provengono da famiglie straniere. La conseguenza è un precoce inquadramento in occupazioni esecutive, con poche prospettive di crescita.

Non deve dunque sfuggire il significato di questi dati: nei numeri della partecipazione scolastica leggiamo l’anticipazione delle prospettive future di questa componente della nostra società. Più integrazione scolastica, più apprendimento, più successo educativo, sono l’antidoto migliore all’emarginazione e alle tensioni interetniche. Sono un investimento per loro, ma anche per noi tutti.