Pedofilia. Don Di Noto e le dure storie delle vittime
Caro direttore,
in estate, si sa, tutti siamo un po’ più distratti. Quando non accade niente di eclatante, che scuote l’opinione pubblica, in genere, sono i bambini, i vecchi, gli ammalati a essere messi da parte, lontano dal cono di luce della pubblica attenzione. Quindi sono loro che la meritano nel modo più completo. Sappiamo che gli italiani si piazzano ai primissimi posti nella squallida classifica del turismo sessuale sui minori.
Una notizia che fa sanguinare il cuore non tanto per la nazionalità dei pedofili – italiani o francesi, americani o russi sarebbe la stessa cosa – ma per i bambini che ne sono vittime. Una notizia, purtroppo, sussurrata e poi passata nel dimenticatoio. Quel 'podio' vergognoso non dice solo di noi, ma dice certamente che noi non siamo meglio di chi ci precede e ci segue. Dice che la lista è lunga e deprimente. Le mete più ricercate, naturalmente, non possono essere che i Paesi poveri, dove chi non ha niente da mangiare accetta di svendere anche il proprio corpo o il corpicino di suo figlio o figlia per un pezzo di pane. Stomachevole. I clienti che si possono permettere di andare in giro a soddisfare le loro diaboliche manie, sono persone ricche o almeno benestanti.
Mi ritorna in mente l’assedio mediatico che dovemmo subire qualche anno fa, quando a Caivano, nel mio quartiere popolare, venne uccisa la piccola Fortuna, dopo essere stata ripetutamente violentata. Nei mesi successivi dovemmo faticare non poco per respingere le tesi di illustri opinionisti che, a tutti i costi, volevano trovare un nesso di causalità tra pedofilia e povertà. Il quartiere era povero? Ecco la causa dello stupro e della morte della piccola Fortuna. Il quartiere vive nel degrado? Ecco trovato il capro espiatorio. Fu un periodo terribile. Gli adolescenti si vergognavano di andare a scuola, le mamme temevano che i loro figli potessero essere loro strappati e affidati ad altri solo perché poveri. E prendevano le distanze dai servizi sociali.
Gli incredibili misfatti avvenuti in Emilia Romagna di bambini dati in adozione in modo fraudolente, hanno confermato le loro paure. Grazie anche all'estenuante lavoro di don Fortunato Di Noto, all’amicizia personale che ci lega, al viaggio ad Avola, nel Siracusano, per prendere contatto con la sua associazione 'Meter' che da quasi 30 anni lotta contro la pedofilia e la pedopornografia, sapevamo che non era così. Don di Noto, in questi anni di attività, che meglio sarebbe chiamare missione, ha portato alla ribalta, in collaborazione con la Polizia postale, situazioni davvero spaventose. Ha tenuto e continua a tenere accesa la lampada su questi reati odiosi e obbrobriosi. Una lampada che i criminali interessati fanno di tutto per spegnere, eclissare. La brutta pagina dei preti che si sono sporcati di questo crimine ha fatto tanto male non solo ai bambini interessati e alla Chiesa, ma a tutti i bambini vittime dei pedofili. Perché ha fatto da paravento e parafulmine, giustificando la troppo vasta disattenzione sul turismo sessuale che meglio sarebbe chiamare infernale.
Per questo, nei caldi giorni d’estate, in cui la distrazione, persino senza volerlo, si fa complice della cattiveria, bisogna ricordare il dramma dei bambini ceduti o caduti nelle grinfie dei pedofili. Bisogna continuare ad amplificare il loro lamento, le loro grida soffocate. Bisogna tenere accesa la lanterna dell’informazione e dell’indignazione. Bisogna, ognuno per la propria parte, essere accanto a don Di Noto, che esce proprio in questi giorni con un libro che denuncia il male non per rimanerne prigionieri, ma per indicare la via del bene. Io guarirò. Sei storie di vita oltre l’abuso e il male (edizione Sant'Antonio). Sei storie, caro direttore, di persone ferite che hanno avuto la forza di uscire dall'inferno della solitudine, del senso di colpa, della disperazione per ricominciare a vivere. Don Fortunato ha conosciuto e intervistato queste vittime, è entrato in rapporto con loro, con il loro dolore e la loro speranza. Sono storie che fanno male, ma anche bene. Il peggio che possa capitare alle vittime della pedofilia – e tante volte accade – è sentirsi responsabili dell’abuso subito. Luce. Occorre fare luce, sempre più luce. Occorre aiutare chi è stato vittima di questo scempio a uscire allo scoperto. A parlare, a raccontarsi, ad accettare di essere sostenute. A credere che la propria storia può essere di sprone a tante altre persone che vivono sotto un peso opprimente. Può aiutarle a risorgere.