Il direttore risponde. Storia della piccola Marta e di una scuola che non l'accoglie come le spetta (e merita)
Caro direttore,
per alcuni bambini la scuola è ancor più importante che per altri, permette di frequentare un ambiente istruttivo, educativo, socializzante… a volte l’unico; per questo ne attendono l’inizio dopo la lunga pausa delle vacanze, a volte passata in un vuoto difficile da riempire. Questi sono i bambini e i ragazzi disabili per cui la scuola è spesso più importante di molte terapie. Ma il venerdì sera alle 22, due giorni prima che inizi la scuola, telefona la maestra e avvisa che… ad esempio per Marta, una ragazzina con una gravissima disabilità che frequenta la quarta elementare in una scuola primaria a Bresso, in provincia di Milano, la scuola inizierà solo il 21 settembre. Perché? Perché prima di allora non verrà attivato il suo sostegno educativo da parte dell’ente locale: una settimana dopo l’inizio ufficiale della scuola? Perché? E perché quest’anno le ore di sostegno educativo sono state portate da 20 a 10? Malgrado la sua diagnosi funzionale che attesta una disabilità plurima, con un particolare stato di gravità per cui le è stato assegnato un rapporto 1:1, le ore di sostegno previste per lei sono state dimezzate, inoltre non viene mantenuta la continuità dell’insegnante di sostegno e per cui si è in attesa che ne venga nominato uno. E così sarà fortunata se riuscirà a frequentare tutte le mattine la scuola, perché per lei non ci sono diritti, ma solo colpi di fortuna. Che cosa direbbe un genitore che iscrivesse il proprio figlio a una scuola primaria e anziché 40 ore di frequenza se ne vedesse attribuire 20? E al contrario, che cosa sarebbe di un genitore che decidesse di mandare a scuola il proprio figlio 20 ore invece delle 40 previste? Ma non ci hanno spiegato che l’Italia ha, sulla carta, una delle leggi più avanzate in tema di inclusione scolastica? E cosa dire, poi, della mancanza di una collaboratrice scolastica (ex bidella) che si occupi della sua igiene personale? Non consola di certo sapere che anche altri bambini e ragazzi sono nella sua stessa situazione, e bisognerà come al solito iniziare a protestare per cercare almeno di ottener qualche miglioramento… fino al prossimo peggioramento. Mi viene solo un grande “magone”, forse perché sono la sua mamma e ho visto come mi ha guardato quando le ho preparato lo zaino e le ho stirato il suo grembiule, non può parlare ma i suoi occhi dicono tanto e così chissà quante lacrime quando scoprirà di dover lasciare ogni giorno la scuola prima dei suoi compagni.
Nicoletta Ravasi