Opinioni

Stellantis, l'Italia, il futuro dell'auto. L'addio a Tavares è capolinea o ripartenza?

Marco Ferrando martedì 3 dicembre 2024

Si fa presto a dire Marchionne. L’uscita prima del previsto (perché era già prevista) di Carlos Tavares certifica la crisi di Stellantis, conferma quella dell’intero settore (vedi Volkswagen) ma soprattutto dimostra che l’uno, Tavares, non era più compatibile con l’altra, Stellantis. Inutile a questo punto chiedersi quale sia la causa e quale l’effetto. E dunque se il manager portoghese si sia rivelato inadeguato o la rivoluzione troppo pervasiva per essere gestita con strumenti che in passato si erano rivelati efficaci, e per i quali Tavares era stato chiamato a guidare la prima fase della fusione tra Fca e Peugeot.

Meglio concentrarsi sulla realtà dei fatti, contrassegnata da una gravità che ancora non comprendiamo fino in fondo. Lo ha detto ad Avvenire un mese fa la vicepresidente di Confindustria, Lucia Aleotti, lo ricorda oggi la responsabile dirigenti Fiat, Silvia Vernetti: per come l’abbiamo sempre considerata l’auto, prima ancora dell’industria dell’auto, non esisterà più.

Empiricamente ne abbiamo contezza tutti i giorni, sia che guardiamo al rapporto che le nuove generazioni hanno con la mobilità, o all’offerta commerciale sempre più articolata e confusa, o ancora a prezzi ormai lontani dal valore che buona parte della popolazione attribuisce al mezzo. Per non parlare della transizione verso l’elettrico, che sulla carta piace a tutti, ma nella realtà ha creato una gigantesca incertezza su ogni anello della catena del valore.

Fin qui il contesto generale. Ma se consideriamo Stellantis o quel che resta della Fiat e dell’automotive in Italia, ci sono almeno due fattori che possono fare della crisi che stiamo vivendo un capolinea oppure un punto di ripartenza. A differenza di alcune fasi spartiacque del passato – pensiamo ad esempio all’ultimo fallimento di gruppo scampato vent’anni fa –, questa volta la crisi italiana dell’automotive non è dovuta soltanto a una carenza di competitività rispetto ad altri ecosistemi concorrenti: le incognite, di mercato e tecnologiche, stanno mettendo a durissima prova tutti i grandi produttori di auto. E chi finora ne è sembrato più immune (i nuovi produttori cinesi o del sud est asiatico) deve solo ringraziare le spinte “locali”.

Il secondo fattore è nella fisionomia che ha assunto in Italia la filiera in mezzo secolo di incessante selezione darwiniana: oltre 2mila imprese che, secondo l’Osservatorio della Camera di commercio di Torino, nel 2023 hanno fatturato poco meno di 60 miliardi, di cui ormai solo un terzo dovuto alle commesse del gruppo Stellantis e per metà generato invece all’estero. Due numeri su tutti per disegnare un settore che ha saputo dare prova di straordinaria duttilità e capacità di reazione, diversificando clienti e settori di sbocco.

Il problema è che ora non basta più sostituire i compratori italiani con quelli tedeschi, americani o asiatici; e che non c’è settore industriale che non sia stato travolto da una transizione ecologica e tecnologica di cui non si conoscono ancora gli approdi e non solo in Italia. Un’incertezza strutturale che spiazza e paralizza, come si vede dalle ripetute grida di dolore che arrivano ormai da anni dal mondo delle imprese: fino a ieri ci si “limitava” a invocare una politica industriale, oggi i motivi di preoccupazione vanno ben oltre, coinvolgono equilibri geopolitici sempre più in bilico, con regole (e dazi) che si preannunciano nefaste.

Ma è proprio qui che il mal comune può lasciare posto al mezzo gaudio. E le macerie diventare la base per qualcosa di finalmente diverso, in cui si osi pensare e costruire percorsi e processi di trasformazione, capaci di generare prodotti realmente innovativi, in grado di ispirare e migliorare la vita delle persone oltre che le società in cui le persone vivono. È forse la sfida maggiore che attende ogni capoazienda, compreso chi sarà scelto per guidare Stellantis. Facile in queste ore rievocare Sergio Marchionne. Certo, dopo anni di un manager abituato a decidere sulla base di un foglio excel, quello che servirà di nuovo è uno sguardo capace di individuare ed estrarre tutto il valore possibile da un quadro mai così incerto ma, come sostengono gli ottimisti, allo stesso tempo interessante.