Prime mosse cinesi per la mediazione. Spiraglio da Oriente
«Chong ran zhan huo», si è riaccesa la guerra in Europa, ha detto Xi Jinping parlando con Emmanuel Macron e Olaf Scholz.
Usando per la prima volta la parola 'guerra' per definire il conflitto in Ucraina, il presidente cinese ha aperto alla possibilità di un ruolo della Cina in un’eventuale mediazione di pace. Al momento si tratta solo di una possibilità che però, nella disperazione della tragedia ucraina, accende una luce di speranza. Il passo di Xi Jinping è stato molto cauto, ma il solo fatto che abbia accettato un colloquio con Macron e Scholz costituisce una novità rilevante. Anche se non sappiamo se ci sarà e quale sarà, la semplice possibilità di una mediazione cinese scuote gli equilibri internazionali e costituisce una sfida per l’Occidente.
Da quando Vladimir Putin ha scatenato la guerra, tutto nel mondo si è messo in moto velocemente: l’Unione Europea ha reagito con inedita compattezza, la Nato è tornata protagonista, a difendere fino in fondo la Russia all’Onu sono rimasti solo quattro Paesi, gli Usa hanno ripreso a dialogare con Venezuela e Iran... Ma la mossa cinese potrebbe aprire la strada a cambiamenti ancora più grandi. Colpisce anzitutto la scelta di privilegiare due interlocutori europei, Macron e Scholz. Da tempo gli Stati Uniti hanno cercato di attirare l’attenzione cinese sul pericolo di un’aggressione russa all’Ucraina, senza ottenere risultati. Il 7 marzo il segretario di Stato americano, Blinken, è uscito sconfortato da una telefonata con il suo omologo Wang Yi. Dopo la telefonata, invece, quest’ultimo ha usato un altro tono, collegando la possibilità di una mediazione cinese a un dialogo con la Ue.
È stata una prima risposta all’Alto rappresentante per la politica estera dell’Unione, Borrell, che già alcuni giorni fa ha auspicato un intervento della Cina, e all’invito rivolto da Macron e Scholz a Xi Jinping per un incontro online. Gli Stati Uniti, infatti, pagano il duro confronto avviato con la Cina da Trump e proseguito dal presidente Biden e la rappresentazione americana di una nuova 'guerra fredda' sempre respinta da Pechino. L’Europa occidentale, invece, pur raccogliendo le sollecitazioni di Washington, ha sempre mantenuto un atteggiamento più morbido, continuando intensi scambi economici. Pechino ha ricambiato con uno sguardo più benevolo verso di essa che, anche a livello di opinione pubblica, è stata risparmiata dall’odio dilagante oggi in Cina verso gli americani. E ora Xi Jinping, pur denunciando le sanzioni come illegali e raccomandando massima moderazione, apre a una collaborazione per fermare la guerra.
La Cina non ha una tradizione di mediazioni internazionali e la disponibilità a collaborare con l’Europa occidentale potrebbe servire a bilanciare questo deficit. Ha invece – nel bene e nel male – una tradizione di interventi su Paesi con cui ha rapporti stabili, dal Myanmar al Pakistan. In questa guerra, i suoi rapporti con entrambi i belligeranti sono ottimi e proprio questo le dà la possibilità di esercitare forme efficaci di pressione verso tutt’e due.
Pechino si muove solo sulla base dell’interesse nazionale, ma questa volta proprio tale interesse potrebbe spingerla a svolgere un ruolo di pace, guadagnando prestigio a livello internazionale e stringendo rapporti più intensi con le 'due' Europe, quella occidentale e quella orientale. Per i Paesi della Ue è una grande sfida. Anche se la vicinanza non solo geografica al conflitto in Ucraina li rende particolarmente sensibili all’esigenza di mettere immediatamente fine a questa guerra, l’alleanza e la fedeltà agli Usa sono fuori discussione. Avviare un dialo- go con la Cina, inoltre, sconvolge molti schemi consolidati, anche di tipo storico e culturale. L’identità occidentale del nucleo portante dell’Unione è indiscutibile.
Malgrado tutto, inoltre, i Paesi Ue sentono la Russia come parte integrante di tante vicende comuni, a partire da tempi antichi, durante il regno di due imperatori ammirati dagli illuministi europei come Pietro il Grande e Caterina II e persino nel periodo dell’Urss. Non a caso, da parte europea finora si è cercato sino allo sfinimento il dialogo diretto con Putin, si è ipotizzato che potessero contribuire statisti come Angela Merkel o Romano Prodi, si è immaginato che il patriarca di Mosca Kirill lo facilitasse in nome di una comune fede cristiana… O, in alternativa, si è sperato che dall’interno della stessa Russia qualcuno fermasse Putin.
E proprio quando tutte le strade appaiono impraticabili si profila l’apertura cinese. Impossibile dire se questa strada si fermerà presto o se si tratta di una svolta storica. Si tratta di due mondi che sono sempre stati molto lontani l’uno dall’altro e non è facile per i suoi abitanti accettare che la grande potenza asiatica venga a metter pace in Europa. Una lunga storia, però, ha portato gli europei a contatto con tutto il mondo, imparando a conoscerne la complessità e a credere che le civiltà, anche le più diverse, non sono totalmente impermeabili le une nei confronti delle altre.