Il direttore risponde. Speranza per la «terra dei fuochi»
Caro direttore,
senza la speranza vivere è impossibile. Sperare vuol dire credere che domani «la Provvidenza sorgerà prima del sole». Per chi crede nel Dio fatto Uomo, la non speranza si fa peccato da confessare. Siamo figli della Risurrezione. E, in questa settimana, le cronache di Avvenire dalla "terra dei fuochi" hanno registrato anche l’inatteso e il positivo. Posso ricapitolarlo a te e ai lettori?
Sul presbiterio della parrocchia San Paolo Apostolo in Caivano mercoledì si è seduto il ministro dell’Ambiente Andrea Orlando, affiancato dal prefetto di Napoli, dal comandante della Forestale, e dal commissario straordinario per i roghi tossici. In chiesa, nonostante l’ora non proprio comoda – erano le tredici – sotto lo sguardo del Crocifisso, centinaia di persone. «Un popolo impaurito, signor ministro», ho detto nel dargli il benvenuto. Il ministro ha ascoltato con attenzione il grido di dolore della nostra gente. Tanti volontari. Giovani stupendi. «Ne avesse tanti l’Italia, di giovani così», ho continuato. Di persone che, pacificamente, con la forza della ragione e della volontà, studiano, si informano, girano per scuole, chiese, circoli culturali. Vanno per le campagne fotografando, raccogliendo verdure avvelenate e facendole analizzare a loro spese. Vanno denunciando alle amministrazioni locali siti di sversamenti e roghi tossici. I volontari sono per davvero la spina dorsale di un’Italia che è più bella di quanto si voglia far credere.
Il ministro ha poi preso la parola. E per prima cosa ha chiesto scusa agli abitanti della "terra dei fuochi" dello scempio che da anni stanno sopportando. È stato un passo enorme. Se si pensa che fino a pochi mesi fa ancora c’era chi negava o ridimensionava il dramma... Ha chiesto scusa, dunque ha riconosciuto che è vero ciò che denunciamo, ciò che Avvenire, con una inchiesta che non ha termine, non si stanca di scrivere. Ha chiesto scusa, il ministro. E non è stato, credimi, direttore, un modo elegante per uscire dall’imbarazzo. Avrebbe potuto, dopo l’incontro con le istituzioni a Caserta, ritornarsene a Roma senza passare di qui. Invece è venuto a Caivano, è venuto in parrocchia. E ha chiesto scusa. E ha promesso che interverrà per mettere fine allo scempio.
La cosa non è semplice. Ma il ministro ha promesso – e questa è per davvero una buona notizia – che farà di tutto per bloccare l’ingresso in Campania ad altre immondizie industriali. È la prima cosa da fare. Le bonifiche verranno dopo. A che serve bonificare oggi se questa notte stessa cento criminali sverseranno altri veleni? Prevenzione innanzitutto, dunque. Il discorso si è spostato, poi, sull’inasprimento delle pene e sulla prescrizione. Purtroppo oggi chi avvelena un terreno e, dunque, uccide l’uomo e la speranza, rischia poco, pochissimo, quasi niente. I criminali lo sanno bene. E ci irridono. Loro sanno tutto. Ci controllano, passo passo. Una contravvenzione la mettono in conto. Che cosa volete che sia una multa da pagare in confronto ai milioni che hanno portato e portano a casa? Ma Orlando è cosciente che il nostro vero dramma non sono le bucce di banane e i gusci d’uovo, bensì i rifiuti industriali. Mai più confusione, come nel passato.
C’è stata anche un’altra bella notizia: il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha letto le letterine dei nostri bambini che Avvenire ha pubblicato domenica scorsa e alle quali tu hai risposto. Ha fatto telefonare a scuola, si è detto commosso e ha promesso ai bambini di fare tutto ciò che è in suo potere. Non voglio apparire ingenuo. In questo mondo bello e contraddittorio ci vivo anch’io. Però… «c’è un tempo per ogni cosa». Se dopo tante lacrime fosse finalmente giunto il tempo del sorriso? Certo, è presto per dirlo, ma perché non crederci? Abbiamo bisogno di sperare. Per continuare a vivere e a lottare. E un pizzico di speranza in più oggi l’abbiamo.
padre Maurizio Patriciello