Opinioni

Sognare e preparare la semina di pace perché la vita si dà e non si butta via

Marco Tarquinio martedì 22 marzo 2022

Caro direttore,
ho ascoltato in una catechesi che il cristiano è colui che di fronte al male è chiamato, con la propria persona e le proprie azioni, a mettersi di traverso nell’ingranaggio, come un sassolino, per costringerlo a invertire la direzione o quantomeno a interrompere il proprio percorso: posizione decisamente scomoda (e il sassolino potrebbe anche rompersi, o frantumarsi...), ma a volte non c’è altro modo per impedire all’ingranaggio di proseguire nella sua corsa: e allora, occorre provare. Siamo da poco entrati in Quaresima, ma per andare incontro alla Pasqua occorre dirigersi decisamente verso Gerusalemme, il luogo del Getsemani e del Golgota, rendendo la propria faccia “dura come pietra”: e non c’è dubbio che in questo momento il Getsemani e il Golgota abbiano messo radici nella martoriata terra d’Ucraina. E dunque: è proprio così impensabile immaginare centomila, duecentomila, trecentomila cristiani che incamminandosi dietro la croce di Cristo entrano in Ucraina per poi dirigersi in tanti rivoli verso tutte le zone di conflitto, in ogni città o villaggio colpiti dalle bombe, magari procedendo a due a due come nel racconto evangelico, per portare ovunque una voce di speranza e offrire i propri corpi come scudo a chi non ha più voce né difesa alcuna... senza bastone né sandali, né cibo né bisaccia, ma confidando solo nell’amore di Dio e nella sua capacità di redenzione del cuore di ogni uomo, anche quello del peccatore più incallito?... Ci vogliamo provare?

Lettera firmata da Assisi


Penso, caro amico, e l’ho detto più volte su 'Avvenire' il 5 marzo scorso e in molte altre pubbliche occasioni, che una nonviolenta contro-invasione di pace dell’Ucraina darebbe una scossa immensa al mondo e a suoi pensieri dominanti. Papa Francesco ci spinge spiritualmente a fare pace adesso e visibilmente, ma l’evento che lei immagina sarebbe anche un grande e potente atto politico. E ripeto la mia sconsolata costatazione: non vedo, o non riconosco leader all’altezza, oppure loro non si fanno riconoscere. Vorrei uno o più nuovi Gandhi, capaci di interpretare e guidare questo movimento e renderlo inarrestabile. Penso anche che non si bandisce una “crociata degli inermi” senza prepararli. È vero, infatti, che Gesù mandò i suoi discepoli a due a due e come agnelli in mezzo ai lupi (cfr.Luca 10,1-9), ma dopo averli accompagnati a quel momento e a quell’impegno. Lo stesso Francesco d’Assisi, ci arrivò non solo dopo aver maturato la propria vocazione all’inizio del suo sconvolgente cammino di povertà e di adesione a Cristo, ma nel 1219, cioè dopo essersi temprato vivendo per anni il Vangelo della gioia e della pace, «sine glossa», cioè alla lettera. Siamo chiamati a dare la vita, non a buttarla via. Cominciamo a prepararci, pregando e agendo, e impariamo a “fare rete” perché non ci si può rassegnare alla guerra e alla sua ferocia.