Opinioni

«Soffrire per un morto solo». Ecco la verità della guerra

Marco Tarquinio venerdì 21 aprile 2023

Gentile direttore,

ricordo che quando frequentavo la terza media, oltre 40 anni fa, la mia bravissima e sempre lieta professoressa di italiano ci faceva leggere in classe “Niente di nuovo sul fronte occidentale” di Erich Maria Remarque. Nel libro si narrano situazioni terribili che i giovani soldati appena usciti dai banchi del liceo, dovevano affrontare nella Prima guerra mondiale. La lettura creava in noi quattordicenni un sentimento di orrore verso la guerra. E forse è anche da qui che è nata la scelta per l'obiezione di coscienza servizio in armi poi compiuta. Nella scena in cui il protagonista in licenza va a trovare la madre di un compagno morto, la donna piena di dolore, piangendo, chiede in modo ossessivo come è morto il proprio figlio e quanto ha sofferto, e Remarque scrive: «Quando si sono visti tanti morti, non si riesce più a comprendere un così grande dolore per un morto solo». Credo che oggi siano necessari educatori come la mia cara professoressa. Penso che sia necessario che i governanti rileggano, se mai lo hanno fatto, i numerosi testi dei numerosi autori che la guerra l'hanno vissuta; in ciascuno di essi troveranno le ragioni della pace e la follia della guerra. Credo che sia necessario pregare per le mamme ucraine e russe, come ha chiesto più volte papa Francesco e infine, come sa fare ciascuna mamma del mondo, occorre tornare a comprendere, il «grande dolore per un morto solo». Grazie davvero, direttore, per il suo coraggioso impegno per la pace.

Lorenzo Neri


La penso come lei, gentile e caro amico. Saper soffrire per ogni singolo ammazzato nell’ingiustizia violenta e assassina della guerra è farci davvero – lo dico da padre – un po’ come le madri, che riescono ad amare come ama Dio. Dialogo oggi con lei subito dopo averlo fatto, poche ore fa, sullo stesso tema a Iglesias con tante persone riunite da quella Diocesi sarda, amministrata in questo periodo dal cardinal Arrigo Miglio, e dal Comitato organizzato da cristiani e laici impegnati per radicare, con consapevolezza delle sfide globali, una cultura e una prassi di pace nella vita personale, sociale ed economica del loro territorio. E anche in quell’incontro è emersa l’urgenza, a partire dalla comprensione della verità intollerabile della guerra, di un saggio e lungimirante impegno educativo di pace. Proprio come la buona semina della professoressa di italiano che lei ricorda con gratitudine e affetto (tanti di noi hanno avuto la grazia di incontrare insegnanti che erano fratelli e sorelle morali della sua...). Un impegno che non è a una dimensione sola, ma al quale la scuola può dare ancora e sempre un contributo fondamentale.