Opinioni

Il Pd nel guado, in difficoltà verso il centro e anche la sinistra. L'asse invisibile

giovedì 24 marzo 2011
La scossa sismica, naturale, che ha scosso il Giappone e quella, politica, delle rivolte popolari nei Paesi arabi a maggioranza islamica hanno richiamato anche la politica italiana all’esigenza di affrontare temi strutturali. Dalle questioni economiche legate all’approvvigionamento energetico a quelle politiche e morali connesse all’esigenza di garantire i diritti umani in vaste arre del globo dove sono conculcati.La maggioranza di centrodestra, seppure attraverso le solite convulsioni, ha adottato, su questi temi, una linea improntata alla cautela. Una pausa di riflessione sul nucleare, una ricerca di soluzioni politiche alla crisi libica che diano un senso e una guida – preferibilmente collettiva, cioè della Nato – allo sforzo militare per porre fine ai massacri in terra libica sono scelte di buon senso, che rendono difficile tenere aperto il clima di scontro che ha caratterizzato gli ultimi mesi. La maggioranza sembra aver recuperato un tasso accettabile di coesione, dopo che si sono stemperate – non avendo ottenuto il sostegno popolare sperato – le ultime intemperanze leghiste sull’anniversario dell’Unità d’Italia (e anche sull’azione militare contro la repressione ordinata da Gheddafi). In questo nuovo clima il partito di maggioranza relativa, il Pdl di Silvio Berlusconi, pare in grado di attenuare gli effetti più visibili della sua crisi interna, almeno nell’immediato.L’altra forza che si pone come baricentrica nel sistema bipolare, il Partito democratico, non sembra invece almeno per ora in grado di sfruttare a proprio vantaggio le difficoltà della maggioranza. Il gruppo dirigente cerca di utilizzare l’antagonismo nei confronti del governo e del premier per giustificare posizioni che lasciano scoperte aree di pensiero interne, sia nell’area "moderata", in particolare sulla questione della legge sul fine vita ma non solo, sia nell’area "pacifista" che non è affatto entusiasta dei bombardamenti in terra libica. Il fatto che i sindaci di Torino e di Firenze, assai popolari nelle loro città, pensino che il loro partito non ha futuro, fa intendere che la delusione non è confinata in zone specifiche e che il gruppo dirigente potrebbe considerare periferiche.Da che cosa nasce questo "male oscuro" che colpisce cronicamente una forza politica decisiva per l’equilibrio democratico del Paese? Non è facile rispondere a tale quesito, che peraltro non sembra essere preso sul serio proprio da chi dovrebbe fornire le risposte, cioè da Pierluigi Bersani. Forse una delle ragioni sta in una certa sudditanza ad autorevoli (e no) impostazioni esterne al partito. In biopolitica, larga parte della dirigenza del Pd con inesorabile frequenza si dedica all’inchino verso le "verità rivelate" del radicalismo nostrano. In politica internazionale è un fatto, e non c’è niente di male, che Barack Obama sia considerato un punto di riferimento essenziale. E in politica economica nessuno può negare il peso che stanno assumendo le opinioni e le elaborazioni di tecnici di assoluto livello come i "non arruolabili" Mario Draghi o Mario Monti. Obama, però, non tiene ovviamente conto prioritariamente degli interessi nazionali italiani, e non ha difficoltà a convergere su alcune posizioni sostenute dal premier Berlusconi. Draghi e Monti esprimono, oggi, una visione liberale e riformista che crea problemi non piccoli con forze sindacali attestate su posizioni "antagoniste" come quelle proprie, in questi anni, della Cgil.L’effetto di queste riferimenti altri – qualcuno parlerebbe di sudditanze psicologiche – ha comportato forti oscillazioni nelle scelte programmatiche del Pd, coperte solo parzialmente dalla ossessiva propaganda antigovernativa, che avrebbe avuto un senso alla vigilia di elezioni imminenti, ma che ora pare puramente ripetitiva. Servirebbe un ben più ampio sforzo di interpretazione della realtà italiana e del ruolo di un partito di centrosinistra che ambisce a essere di massa.Il problema non è che l’asse del Pd si sia spostato troppo a destra o troppo a sinistra, è che quell’asse è invisibile, il che provoca insoddisfazioni e anche emorragie neppure troppo sotterranee in ambedue le direzioni. Di qua e di là.