«Smontare l'Obamacare può fare bene». No, fa male. La vita va curata sempre
Gentile direttore
mi ha molto stupito, nell’articolo a firma Elena Molinari su 'Avvenire' di domenica scorsa 22 gennaio 2017, l’assenza di un qualche cenno ai finanziamenti alla fabbrica di aborti e feti venduti da Planned Parenthood in conseguenza dell’Obamacare. In relazione a ciò la prima firma del presidente Trump contro l’Obamacare non deve essere considerata un fatto meramente negativo. E questo un giornale cattolico che si batte per la vita deve sempre sottolinearlo. Grazie e saluti
Ogni cosa a suo tempo, gentile signor Pontieri. Domenica abbiamo dato conto della «prima firma» del presidente repubblicano Trump, che ha dato il via negli Usa a un processo politico che porterà a privare alcuni milioni di suoi concittadini più poveri della copertura assicurativa sanitaria prevista dall’Obamacare e definita dal nuovo capo della Casa Bianca e dai suoi collaboratori un pesante «fardello» per i contribuenti più ricchi, Stati federati e industria di settore. Si tratta del primo concreto passo dell’annunciata marcia indietro rispetto a livelli di protezione sanitaria fissati per impulso del presidente «dem». Livelli che per gli States hanno rappresentato un progresso, ma che se trasferiti nella nostra Italia (dove, secondo l’Oms, viene offerto a tutti i cittadini un servizio sanitario tra i tre migliori al mondo) rappresenterebbero invece un vero crollo del sistema di assistenza ancora garantito… Così, non da oggi, va il mondo anche quello 'ricco'. Ma questo era il fatto di cui abbiamo scritto domenica scorsa. La cosa meritava giusto rilievo. E gliel’abbiamo dato, a partire dal titolo di prima pagina: «Trump è di parola: subito meno salute». La tristissima questione che lei solleva – e della quale, visto purtroppo il gran potere lobbistico e mediatico dei capi di Planned Parenthood, ci siamo dovuti occupare infinite volte ai tempi di Obama e dei suoi predecessori sia democratici sia repubblicani – nulla c’entra con l’Obamacare ed è stata toccata ieri, tant’è che oggi, martedì, daremo conto di una delle «seconde firme» di Trump che, anche in questo caso in linea con quanto promesso in campagna elettorale, ha ripristinato il bando sull’erogazione di fondi federali a organizzazioni (come Planned Parenthood) che praticano aborti di esseri umani o li incentivano. I nostri lettori sanno bene che ormai dal 1984 ogni amministrazione «rep» introduce questa misura e ogni amministrazione «dem» la revoca. Secondo noi, il bando è una scelta giusta: non si può e non si deve finanziare quella che lei definisce la «fabbrica degli aborti» con fini di controllo delle nascite e persino di sfruttamento commerciale dei corpicini dei figli rifiutati e scartati. Deve però essere chiaro che le due questioni non sono connesse. Anzi lo sono, ma in modo assai diverso da quello delineato nella sua lettera. Lei, infatti, ritiene che l’intenzione trumpiana di smontare l’Obamacare possa portare anche a un bene, pro-vita. Non è così. A me, ma non solo a me, risulta davvero difficile e persino impossibile considerare «per la vita» chi dichiara di volere difendere l’esistenza umana sin dal suo primo inizio e poi non ritiene che un livello decente di cure debba essere assicurato a tutti e non solamente a chi può permetterselo. Non per nulla i vescovi degli Stati Uniti d’America hanno appena rivolto un pubblico appello ai nuovi governanti e al Congresso perché ai più poveri vengano mantenuti (o garantiti in forma nuova) i minimi livelli di welfare sanitario introdotti dalla legge di Obama che Trump così tanto avversa. Credo che questo dica molto, e in modo molto eloquente. Ricambio cordialmente il suo saluto.