«Smetti di farti lupo». Lettera di un parroco a un fratello camorrista: ti aspetto
Chi è un camorrista? Un fratello. Una persona che, purtroppo, si fa lupo di altre persone. E le umilia, le opprime, le fagocita, le uccide. Il motivo che sta alla base del suo illogico e sciocco comportamento è la bramosia di denaro e di potere. Ne vuole tanto. E per ottenerlo, è disposto a tutto, anche a tradire la parola data, i vecchi amici, la propria terra, i propri figli. Che cos’è la camorra? Una consorteria del male, una sorta di sottobosco, un mondo nel mondo.
Che cos’è il Vangelo? Uno stupendo e inimitabile annuncio di salvezza, di libertà, di ritrovata dignità. Di amore. Per tutti, anche per gli stessi camorristi. Il cristiano riceve e annuncia queste Parole lancinanti e liberanti che mai nessuno prima ha saputo proferire. Parole che lo hanno amma-liato, sedotto, fatto gioiosamente prigioniero. Su quelle Parole ha deciso di scommettere la vita. Il male è un camaleonte. Si camuffa, si trasforma, cambia pelle e colori.
Le sue armi preferite sono l’inganno e la menzogna. Mentre ti pugnala ti sorride. Col male, ha detto il Papa, non si dialoga, lo si respinge. Occorre discernere il falso dall’originale. Il cristiano deve avere il coraggio di non barare con se stesso. L’ipocrisia è stata rigettata finanche da Gesù. Il cristiano, con tutti i suoi limiti, deve guardarsi allo specchio e chiedersi: 'E tu, da che parte stai?'. Tutto qui. Ed è estremamente bello quando, senza tentennamenti si schiera dalla parte del bene. E se la camorra te lo impedisce? Mi unisco alla folta schiera degli amanti della legalità e resisto, lotto.
E se ti minaccia? Piacere non mi fa, ma continuo per la mia strada. La fede in Gesù, la sete di giustizia, di verità, di dignità sono la nostra seconda pelle. Si combatte. La lotta tra il bene e il male ha radici antiche; ognuno è chiamato a dare il proprio contributo Purtroppo, da vero illusionista, anche il male affascina. Una sirena che prima t’incanta e poi ti divora. Il desiderio del bene, invece, non sbraita, sussurra. Non ti fa provare le vertigini per poi scaraventarti giù, ma ti dona la pace, bella, forte, duratura. I prigionieri del male, per arrivare ai loro obiettivi, insozzano, inquinano, terrorizzano, ammazzano. Gli innamorati del bene amano anche coloro che quel bene calpestano. E separano il grano della persona dalla zizzania delle loro azioni. Un paradosso: chi si affanna per il bene lo fa anche a favore dell’avversario, dei suoi figli, della sua famiglia.
Tu mi uccidi? Io ti amo. Tu vuoi opprimere la mia esistenza? Io lotto per i tuoi diritti. Stai scontando, in carcere, la tua meritata pena? Io vengo a farti visita e resto accanto ai tuoi figli che con la tua scelleratezza hai dovuto abbandonare. Tu piazzi una bomba-carta all’ingresso della mia chiesa per impaurirmi? Io prego per te e per i tuoi cari. Ecco, fratello camorrista, chi è l’uomo che vuoi spaventare: solo un povero prete, innamorato di Gesù, della sua Chiesa, della sua vocazione. Un povero, ma testardo, prete che non si rassegna a benedire le bare bianche dei giovani ai quali tu hai rovinato la vita.
E vorrebbe, in qualche modo, arrivare prima, e riuscire a salvarli. Non è facile, lo so, ma un alpinista guarda alle vette più alte, non alle colline. In questi mesi, diversi nostri giovani, si sono laureati. Mamma mia, che soddisfazione! Altri per non cadere nelle tue trappole, hanno preferito emigrare. Sono contento lo stesso. Non si sono rassegnati a diventare legna da bruciare nel tuo camino. Io sto qua. Di me sai tutto, nome, cognome, data di nascita – ti sei ricordato del mio compleanno – indirizzo. Sai che ogni sera, d’estate e d’inverno, mi trovi, puntuale, all’Altare. Se vuoi farmi male – ma perché dovresti? – è tanto facile.
Un prete, con le braccia alzate a implorare misericordia, è l’uomo più fragile del mondo. Ma – non dimenticarlo – anche il più forte. Sarebbe una vera vigliaccata, non trovi? Lo so, tante volte me lo hai detto, a modo tuo, mi vuoi bene, ma non capisci questa mia ottusa caparbietà nel continuare a immischiarmi in affari che, secondo te, non mi riguardano.
Lo so, me lo hai scritto, perfino in carcere parli bene di me. Però... c’è quel però che non riesci a digerire. Ed è proprio su quel però che bisogna intendersi. Qua la mano. Facciamo pace. Non barare, però. Sappi che la Chiesa, nella quale fosti battezzato, continua ad amarti. E a sperare per te il meglio. La sua più grande gioia sarebbe quella di vederti libero, onesto, inginocchiato ai piedi della croce a chiedere perdono per il male fatto. Un’utopia? E perché mai? Ti aspetto, fratello camorrista. Continuo a sperare. Ti voglio bene, voglio il tuo bene, il bene della nostra gente. Ti prego, prova a volermi bene anche tu. Non fare, non farti, e, se puoi, non farmi male.