Opinioni

Il direttore risponde. Smettiamola con gli occhi chiusi

Marco Tarquinio martedì 3 dicembre 2013
Caro direttore,
la mia mamma, quasi centenaria, è ospitata da alcuni anni in una casa di riposo ben gestita da una comunità di suore. Lo scorso anno l’Asl locale ha imposto alla struttura una serie di lavori di alta pignoleria per mettere i bagni a norma secondo le prescrizioni del responsabile di turno: in molti casi si è laccato un pavimento, spostato un sanitario, ecc. Ma la sanzione era: o così o non si rilascia l’agibilità. A Prato in Toscana, regione italiana e non cinese, c’è stato un terribile incendio in un’azienda tessile di proprietà cinese: bilancio sette morti e quattro feriti. Riprendendo le notizie raccolte sul posto, rilevo. Il capannone, 500 metri quadrati, è diviso da pareti di lamiera e cartongesso; qui il lavoro nero è invisibile. Gli operai cinesi sono almeno un centinaio: uomini e donne con bambini. Hanno compiti differenti. Qualcuno lavora a capo chino davanti alle cucitrici, la testa si muove al ritmo dell’utensile. I piccoli dormono nell’unico letto di una delle celle a piano terra o nei "loculi" sopraelevati. Se ne vedono una trentina. Alloggi minuscoli, dove a volte è impossibile allargare le braccia. Bislunghi e sporchi, custodiscono la minuscola cucina con la bombola a gas, la tazza del gabinetto e un po’ d’acqua conservata nelle taniche. I bimbi hanno pochi mesi oppure 8 o 9 anni. Gli altri sono in Cina, dai parenti, perché i genitori non hanno tempo di guardarli. Torneranno da grandicelli, ottimi per il lavoro, e resteranno anche senza conoscere una parola d’italiano. Il lavoro e il riposo qui non hanno barriere e il tempo non si ferma mai. Il gioco più seguito dai bimbi è la caccia ai topi, che brulicano, mediante le stecche staccate dagli ombrelli. Si può lavorare 19 ore al giorno per guadagnare il più possibile e tornare a casa prima. Si lavora anche con la febbre a 40, mentre spesso l’ago della macchina ti trapassa la carne. Se stai male, però, è un problema. Non puoi morire in fabbrica. Allora intervengono i "barellieri" che ti accompagnano fuori e, se sei in condizioni gravi, ti lasciano davanti al pronto soccorso. Mi chiedo: ma dove sono le Asl, l’Inail, l’Inps, che nelle aziende italiane (e nelle case di riposo) hanno l’occhiuta pignoleria che ho descritto più sopra? Dove sono i vigili urbani, la pubblica sicurezza, i sindacati e quanti dovrebbero sorvegliare sulla sanità, sulla civile convivenza, sul rispetto minimo delle normative del lavoro e dell’igiene? Si vede che là vige l’extraterritorialità come le ambasciate. Che ne pensa, caro direttore? Come si possono risanare queste oasi malsane?
Giovanni Martinetti, Ghemme (No)
Come risanare? Smettendola, caro amico, di aver paura di dimostrare che la legge è uguale per tutti. Smettendola di nutrire e di alimentare una bolsa retorica politica sul rispetto delle regole. Smettendola di considerare un’eccezione gli imprenditori cinesi d’Italia che stanno e vogliono restare nella legalità. Smettendola di fare affari con chi gioca sulla pelle dei propri operai. Smettendola, insomma, di tenere gli occhi chiusi. A Prato e altrove.