Agenda dopo il Sinodo/2 . Una nuova sfida per la Chiesa: spiegare cosa non è la castità
In Vaticano, per un mese intero, quasi trecento leader da ogni angolo del globo si sono interrogati lo scorso ottobre sul proprio rapporto con i millennials. Per di più, una trentina di giovani ha partecipato attivamente a questo processo, dall’inizio alla fine. Detta così, la notizia avrebbe potuto essere di rilievo: ciò che i vescovi hanno vissuto nel Sinodo non è comune a molte istituzioni. Qualcuno lamenta, allora, che la curiosità mediatica si sia concentrata su temi non centrali della riflessione: primi fra tutti la morale sessuale e l’omosessualità. Eppure bisogna ammettere che, così facendo, i giornalisti colgono bene che solo quando si tratta del corpo si scaldano gli animi, si scatenano le contrapposizioni, si accende il conflitto. Ciò che si vorrebbe evitare appaia il centro si è rivelato ancora una volta crocevia del dibattito: basterebbe osservare quali paragrafi nel documento finale hanno ottenuto più voti contrari.
Piacere, godimento e felicità sono stati lungamente opposti alla vita dello spirito. Sebbene la sensibilità comune sia oggi cambiata, la ricerca diffusa di equilibrio psicofisico tende ad alimentare più l’industria del benessere che un’educazione del cuore. Nonostante l’accresciuta attrazione per esperienze interiori e sapienze antiche, la spiritualità cristiana non pare giocare la sua partita. È vero, il Novecento ha segnato un ritorno alle Sacre Scritture, ma la corporeità e la sensibilità delle figure bibliche hanno solo debolmente inciso sulla proposta educativa delle Chiese. I Padri sinodali l’hanno rilevato apertamente al n. 39: «Frequentemente infatti la morale sessuale è causa di incomprensione e di allontanamento dalla Chiesa, in quanto è percepita come uno spazio di giudizio e di condanna». Va osservato che, accanto al consumo di divertimento, in un sistema di vita che ci mette sotto continua pressione, emerge l’esigenza di trovare riposo e pace. C’è molta stanchezza e si allarga il desiderio di bellezza e semplicità. Tornano alla mente i versi di Fernando Pessoa: «Ho sentito troppo, per poter sentire ancora»; «Non so sentire, non so essere umano» . Essi suggeriscono che l’eccesso di stimoli sensoriali nel quale siamo immersi ha caratteristiche paradossali: non amplia la nostra capacità di sentire, ma la contamina fino ad atrofizzarla.
Il ricordo va a Gabriele, particolarmente agitato in una sera del campeggio estivo. Mentre gli educatori intrattengono con musica e giochi un gruppo di adolescenti impegnativo, lo sguardo del sacerdote cade su un capannello di ragazze che con lui discute animatamente tra le tende. Un’occhiata d’intesa e Chiara, educatrice smaliziata e senza troppi filtri, entra in azione: viene coinvolta nello scambio, che dapprima si fa più acceso e in una mezzoretta volge alla calma. Chiara ritorna, accompagnando Gabriele dal don. Ed ecco la questione: 17 anni lui, in vacanza con l’oratorio, 16 la sua ragazza, rimasta a casa. A scatenare il putiferio, una foto in cui lei bacia una coetanea sui divani della discoteca. Per Gabriele un orrore, per le amiche niente di grave: un modo come un altro per esercitarsi a baciare. Non essendoci altro maschio, nessun tradimento: di cosa essere gelosi? Il prete è spiazzato da una realtà in cui manca l’alfabeto delle emozioni che travolgono i suoi giovani. Da dove ricominciare?
Per il futuro del cristianesimo si rivelerà densa di ricadute la scelta pro o contro il corpo. Cambiare passo comporta, infatti, il riconoscerci tesi tra due estremi: da un lato l’idea devota che il cammino verso Dio costringa a relativizzare i sensi, se non a rinunciarvi; dall’altro un’indifferenza per il corpo che sopraggiunge dopo aver 'provato tutto'. La parola chiave tra i due estremi potrebbe essere 'castità'. Riconosciamo di riceverla bistrattata, quasi inservibile. Eppure, a certe condizioni, resta pertinente. Essa vuol descrivere un equilibrio in continua evoluzione: la proporzione tra gesti corporei e profondità dei legami. Non s’identifica con l’astinenza, né con la verginità, cui giustamente pochi si sentono chiamati. È invece una strada di verità e di armonia, in cui il corpo si educa a una vastissima gamma di espressioni, arginando il brutale istinto a possedere. A ogni stagione, situazione e rapporto si adattano determinate forme di contatto, mentre altre possono risultare insufficienti o distruttive. Certo, quelli del corpo sono linguaggi che si modificano storicamente e risentono della diversità delle culture, ma a una cultura pornografica, che identifica la sessualità solo con certi atti sessuali, la castità può spalancare un universo simbolico e sensibile estremamente ricco. Avvertendo il valore immenso del donarsi coniugale, ne distingue e salvaguarda la specificità, dando però forma fisica a molte altre manifestazioni di tenerezza, affetto, complicità e passione. Per i giovani, sia eterosessuali sia omosessuali, una fenomenologia dell’amore casto è ancora da scrivere. Ma ciò non avverrà senza di loro, perché è la coscienza il santuario delle decisioni e in essa maturano risposte sempre nuove alla Legge. Certo, in una comunità che valorizzi la differenza di genere e accompagni senza inibire.
Scrivono i Padri sinodali al n. 150 del documento finale: «Esistono questioni relative al corpo, all’affettività e alla sessualità che hanno bisogno di una più approfondita elaborazione antropologica, teologica e pastorale [...]. Tra queste emergono in particolare quelle relative alla differenza e armonia tra identità maschile e femminile e alle inclinazioni sessuali. A questo riguardo il Sinodo ribadisce che Dio ama ogni persona e così fa la Chiesa, rinnovando il suo impegno contro ogni discriminazione e violenza su base sessuale». Che ciò sia vero è ancora poco riscontrabile. Prevale nell’opinione comune e nel sentire delle comunità un’idea di legge divina per cui Kevin confida tra le lacrime: « Ho seriamente creduto, a volte, di essere sbagliato. Ho sentito tirare in ballo la natura. Sono io da considerare contro natura? Tralasciando che è un controsenso definire così un corpo fisico che esiste, io resto semplicemente una persona che, senza poter dire 'Voglio che mi piaccia questo o quell’altro', si è trovata a essere attratta da altre persone dello stesso sesso». E non scandalizzino espressioni la cui durezza ha riscontro nelle Sacre Scritture: 'Mi chiedo sempre perché Dio, o chi per lui, faccia determinate scelte. Perché a volte verso certe persone sia così punitivo. Perché ha deciso che a me, proprio a me, Kevin E., piacessero i maschi? Non poteva scegliere qualcun altro e lasciarmi vivere in pace? Queste domande mi tormentano giorno e notte. Non so darmi delle risposte e odio quando qualcosa non ha una risposta'.
Molta fatica contemporanea è legata all’impatto fisico di esperienze emotivamente travolgenti. Né l’approccio 'legge e dottrina' dei conservatori, né l’eventualità di aperture progressiste interessano i giovani: essi sono già altrove, alle prese con la serietà di una vita molto più libera che in passato. Desiderano equilibrio e verità. La voglia di autenticità li pone nuovamente a contatto col cuore, in un’interazione difficile col molteplice che s’incontra fuori, ma anche dentro di sé: tensioni, contraddizioni. Omosessuali ed eterosessuali non sono in questo diversi e la Chiesa cattolica è in condizione di proporre agli uni e agli altri la medesima via: emozioni, sentimenti e ragioni sono un mistero da imparare ad ascoltare. Ebbene, ciò che nel Nuovo Testamento si chiama ' dottrina' riguarda la salvezza che si sprigiona dalla carne di Gesù (2Gv 1,7-9). Il contatto liberatore con tale umanità è il cuore dell’ortodossia e fa saltare da principio ogni forma legalistica di morale. In realtà, già nell’esodo è chiaro: il Sinai viene dopo il Mar Rosso, la Legge dopo la liberazione ed è un dono per non smarrirne la potente intensità. I comandamenti custodiscono il nuovo e la dignità di ciascuno. Il contrario di un ordine che uccide. Non c’è pagina dei vangeli in cui non appaia che per ogni persona, così com’è trovata, la via verso Dio è riaperta e che nemici di Dio sono coloro che usano la sua Legge per condannare, chiudere, dividere. Ai giovani la Chiesa non deve mostrare che questo. In modo comprensibile. Dal vivo.