La buona politica è possibile. Sindaci coraggio
Buona politica, appunto. «La più alta forma di carità », la definì Paolo VI. E la carità, l’amore per i propri cittadini, porta anche a scelte di sacrificio. Questi sindaci sono i colleghi di Angelo Vassallo, il 'sindaco pescatore' di Pollica, ucciso il 5 settembre 2012. Morto di buona amministrazione, scrivemmo allora. Sono gli eredi di Pio La Torre e di Piersanti Mattarella, di Marcello Torre e di Renata Fonte, politici e sindaci che stavano lavorando, e bene, per le proprie terre. E per questo hanno dato la vita. Non sindaci antimafia, ma sindaci e basta. Come don Pino Puglisi e don Peppe Diana non erano preti antimafia, ma preti e basta. E come tali sono stati uccisi da cosa nostra e dalla camorra. Esempi, mai preziosi come oggi. Risposta forte a corruzione e ad antipolitica. Perché la corruzione c’è sempre, eccome se c’è. Così come c’è la collusione con le mafie. Al Sud come al Nord. Lo dimostrano i 25 Comuni sciolti per infiltrazione mafiosa in quest’anno, numero record, il secondo in assoluto dopo i 31 del 1993, anno delle stragi mafiose.
Ma ci sono anche i sindaci 'sotto tiro'. Gente seria, che rivendica coi fatti e non solo con le parole che «non tutti i politici sono uguali». Sindaci dei quali bisogna proprio sapere di più, anche dai giornali. Perché hanno ragione. Se c’è chi paga i mafiosi per essere eletto e chi intasca le tangenti, chi butta i soldi pubblici in aragoste e champagne e chi affida gli appalti agli 'amici', c’è anche chi ogni giorno fa invece buona amministrazione. Anche a costo di subire spari, bombe, incendi, aggressioni, lettere e sms minatori. Ma tengono duro, presidiando il difficile fronte della legalità e della 'bella politica'. Spesso in silenzio, quasi sempre lontano dalle luci della ribalta.
Sì davvero, non lasciamoli soli. Non chiedono soltanto solidarietà. Certo, ne hanno bisogno, anche perché chi è solo nei territori infestati dai mafiosi è ancora più a rischio. Non lasciarli soli vuol dire, anche e soprattutto, dar loro gli strumenti per continuare a fare buona politica pur in un tempo di tagli e di vincoli che rendono tutto maledettamente difficile. Chi fa della cattiva amministrazione, evidentemente, di questo non si cura: l’importante è far fruttare il poco che c’è per sé e per chi lo 'protegge' e persino lo 'manda'.
Chi, invece, e sono i 'nostri' sindaci, fa buona amministrazione, è giustamente molto preoccupato. C’è da dare ancora risposte positive, e non delusioni, ai propri cittadini. Bisogna non farli ricadere nella (non) cultura dei favori. Già, perché per le mafie e gli intrallazzatori la crisi non conta. Se si lasciano da soli questi sindaci, cresce il rischio che venga vanificata una stagione che, per fortuna, in tanti Comuni ha riportato al centro la cultura dei diritti e dei doveri. Dell’attenzione e dell’efficienza. Del servizio e dell’accoglienza. Della pulizia e della trasparenza. Della giustizia e della democrazia. E sì, anche della democrazia che per troppo tempo, sotto il giogo delle mafie e dei poteri collusi, è stata messa in forse in tante aree del nostro Paese. Ma poi, come sperava Paolo Borsellino, si è cominciato a «sentire la bellezza del fresco profumo di libertà che fa rifiutare il puzzo del compromesso morale».
Davvero, non lasciamoli soli questi nostri sindaci. Non ne guadagneranno solo i loro cittadini, ma l’intero Paese.