Non soltanto tennis, non soltanto sport. Siamo un po' tutti Cecchinato
Fino a venerdì pomeriggio eravamo tutti tennisti e tutti Marco Cecchinato. E adesso? Se sulla tribuna francesissima del Roland Garros al posto dello scriba massimo dei 'gesti bianchi', il poeta Gianni Clerici, ad annotare le imprese, già passate e archiviate, del tennista di Palermo ci fosse stato il pennino acuminato di Leo Longanesi siamo certi che avrebbe utilizzato una delle sue massime irresistibili, tipo: «Gli italiani sono buoni a nulla ma capaci di tutto».
Nel tennis (maschile) siamo capaci di non vincere più nulla da quarant’anni in qua, e quindi di gridare al 'miracolo' per una semifinale malgiocata e persa dal redivivo Cecchinato. Così, noi amanti del tennis italico glorioso che fu, siamo costretti a rivitalizzare l’ultima racchetta monumentale: Adriano Panatta, ora in versione showman, dalla radio a 'Domenica In', in versione Giampiero Galeazzi. In quarant’anni siamo stati capaci solo di appassionarci ai miraggi: Paolino Canè, Camporese, Seppi, Fognini... E adesso, a chi fino a ieri era il 'signorino nessuno', osannato, forse per poco ancora (ne riparliamo dopo Wimbledon) e ridisegnato: da brutto anattrocolo ad eroe da noir, 'Ceck il terribile'.
Ma il film della vita, forse unico, senza possibilità di repliche, il Ceck all’improvviso nazionalpopolare potrebbe averlo già girato. Titolo: 'Ultimo smash a Parigi'. Cecchinato insomma, uno capace di tutto ma possibile che torni ad essere un buono a nulla, almeno nel tennis. Perché nel circus del gesto bianco lo spettacolo d’arte varia, e se sei uomo di bosco non è detto che tu possa esserlo anche di riviera. Tradotto: se funzioni sulla terra rossa, magari affondi sull’erba inglese, oppure sbatti il muso sul cemento americano e poi non ti rialzi più. Open.
Cecchinato si è rialzato alla grande dopo che nel 2016 era inciampato sul 'vizietto': squalificato per 18 mesi e multa di 40mila euro per presunte scommesse. (sentenza poi estinta dal Coni per «difetto procedurale»). Ma poteva finire lì la sua storia di ennesimo presunto talento all’italiana. Sliding Doors: a 24 anni racchetta al chiodo, fuori da tutti i circoli slam e solo tanti campus da arare per portare a casa un minimo di 'rebonza' e continuare a recitare il ruolo del 'campione per caso'. Invece, per grazia ricevuta, sul cammino di Santiago si è ritrovato a fare una preparazione invernale in terra di Spagna (da tempo vanno tutti lì i 'rigenerati' dello sport, qualche sospetto viene...) che l’ha rimesso al mondo e addirittura trasformato in racchetta mondiale facendo fuori gente da top ten: Goffin, Busta e l’ex n.1 - appena transfugo al 22° posto del ranking - Djokovic.
Al Roland Garros, il Ceck non è però riuscito a scavalcare il muro Thiem, e così adesso dopo tanto rumore – non per nulla, si spera – il rischio è quello di un lento e graduale rientro nell’anonimato. O peggio ancora, in quella condizione longanesiana dell’italiano «capace di tutto», persino di sfiorare il colpaccio a Parigi, per poi ritornare un «buono a nulla». Quanto meno agli occhi dell’opinione pubblica paesana che, dalla politica fino allo sport, un giorno ti eleva a eroe nazionale e il giorno dopo ti rigetta nella massa. E lì, tra i sessanta milioni di ct (a riposo, ma solo perché siamo fuori dai Mondiali di calcio), c’è anche qualche milione di tennisti della domenica che già borbottano: «Quello che ha fatto Cecchinato sarei capace di farlo anch’io». Siamo tutti Cecchinato.