Taranto 21: la condizione della svolta. Sia conversione comunitaria
A Taranto, francamente si torna a parlare delle nostre omissioni, dei ritardi, delle deleghe mal poste, dei disastri che i figli subiranno per la condotta iniqua di troppi padri e madri; coraggiosamente vengono disallineate politiche disumanizzanti, che in nome dello sviluppo e del benessere hanno tradito l’uomo e compromesso malevolmente il suo futuro. A Taranto verità storica e giustizia sociale sembrano procedere – finalmente – apparentate; come due donne che scoprono di essere sorelle e che mai come in questa ora avvertono il bisogno di
camminare unite. Scopriamo quanto sia stato pericoloso isolare ogni idea umanitaria da una concezione spirituale e soprannaturale della vita sociale e associata. E anche quanto sia stato stolto considerare la solidarietà, l’onestà, la prossimità, l’equità non legge di natura e condizione di civiltà, ma affare privato dei cristiani. Dinanzi ai mali di un’economia che ammalando l’uomo si è ferita essa stessa mortalmente; dinanzi a decisori politici che hanno tentato di spodestare il Creatore illudendo le creature e danneggiando il creato, la Chiesa, con il suo Magistero petrino e con la sua generosa e soda Dottrina sociale (avanzino e portino le prove coloro che possono e sanno dire di meglio o di più), riguadagna nel tempo presente uno spazio di manovra e di credibilità unico, di profezia e di prassi straordinariamente provvidenziali.
La conferma viene dai giovani – da non chiamare più 'il futuro', perché sono con noi, qui e ora – i quali tornano a guardare con interesse e con fiducia al tentativo di conversione degli stili di vita di padri e madri. Abbiamo smesso di pensare che i nostri figli e le nostre figlie fossero disinteressati alle parole fondamentali che riguardano la vita e la morte, attratti da altri banali o egoistici interessi. Così non è e vediamo come sanno spiegarci il futuro e prenderci per mano nel presente, se solo ne hanno la possibilità. E mentre noi 'speriamo nel futuro' loro ci insegnano a 'credere nel presente'. Occorre produrre ancora audaci e collettivi atti di moralità dinanzi a tutti i tentativi di banalizzare il male e di chiamare il male bene, permettendo allo Spirito di Dio di scrivere una 'parola' decisiva, anche laicamente decisiva, nella coscienza del nostro tempo, parola ancora più esatta da una pandemia che ha stordito le menti e avvilito i cuori: conversione.
Sì, conversione. Conversione dello sguardo, per vedere le tante ricchezze negate più che le povertà emergenti. Conversione del cuore, per amare di più Dio se vogliamo provare ad amare almeno un poco l’uomo. Conversione della mente, perché non possiamo smetter di pensare con la fede e di giudicare la storia per paura di essere giudicati. Conversione della volontà, senza aspettare che siano gli altri a fare per primi. Conversione delle relazioni, perché dobbiamo rifondare la legge di carità sociale se vogliamo essere capaci di umanità. E c’è una conversione, che tutte le altre accoglie, allena e feconda e che emerge bisognosa di cura: la conversione comunitaria. L’invito di papa Francesco all’ardore di una con- versione comunitaria non può essere disatteso: da Taranto può divenire la vera invariante sociale da cui tutti ripartire! Senza comunità la gente non tornerà a incontrarsi e lascerà la Chiesa, e diserterà anche la partecipazione civica.
Senza comunità i credenti non potranno essere formati alle verità di Dio sull’uomo. Senza comunità non ci saranno nuovi carismi, santi, martiri e profeti. Senza comunità i nostri figli rinunceranno a fare famiglia, perché nelle loro case conosceranno sempre meno il vero Dio. La comunità è il luogo dove deve accasarsi e crescere una nuova cultura della vita, ecologicamente integrale e trascendente, come risposta dello Spirito alla transizione ecologica di cui il Pianeta ha bisogno.
presidente di Rns