Per disinnescare la sopraffazione. Sguardi limpidi che pur crescono
L’attualità continua a proporre cronache di abusi commessi da giovani maschi ai danni di ragazze. L’inquietudine per quanto accade invita a riflettere sull’origine di questo genere di violenza nel tentativo di comprendere la vera natura della sopraffazione e capire quali strumenti adoperare per alzare barriere adeguate.
La chiave del maschilismo e la resistenza di una cultura patriarcale tossica è una possibilità indagata a fondo e fornisce una spiegazione. È probabile però che sia necessario un ampliamento dello sguardo e dell’analisi. L’Italia non è più il Paese in cui ai processi per stupro i maschi si davano di gomito e ridevano dietro i baffi, manifestando una complicità di branco all’interno di una società che ricorreva al termine “sesso debole” quale sinonimo di “donna”. Oggi non c’è un contesto sociale e culturale diffuso in cui si ritenga che le donne non debbano studiare, non possano lavorare, uscire di casa, vestirsi come vogliono, divertirsi ed essere emancipate. O che giustifichi penalizzazioni, sopraffazioni e umiliazioni in virtù della sussistenza di una vasta zona grigia che si estende dal pensare che “in fondo se l’è cercata”, fino all’idea ripugnante che “la carne è carne”.
Visioni limitanti della dignità femminile e del rispetto del corpo resistono, se ne colgono segni ovunque, anche ai buffet di qualche villaggio vacanza o alle cerimonie sportive, ma restano fenomeni che, per quanto frequenti, emergono più spesso dove il deficit è antico o riferito a molti altri codici di civiltà.
I progressi sono palesi, la scuola ha lavorato ottimamente e continua a farlo, le agenzie educative non cessano di formare persone per bene, la stragrande maggioranza dei giovani è consapevole di cosa si possa o non si possa fare e ha una sana formazione affettiva. Il fatto che le continue denunce riferite a pubbliche “cadute di stile” non manchino, ne è una testimonianza.
Non si tratta di sminuire un problema serissimo, ma di rilevare che una persona nell’Italia contemporanea ha tutti gli strumenti per capire cosa sia bene e cosa male, perché la società, intesa come cultura popolare ma anche come discorso pubblico, non è più un solido complice. Se il maschilismo resta un elemento fortemente problematico, forse non è il vero e solo motore, ma discende da un quadro ampio e distorto di valori riferibile a contesti dove è piuttosto la violenza il principale codice di riferimento.
I terribili fatti occorsi negli ultimi giorni a Palermo o a Caivano paiono riconducibili – e non sempre è così – a scenari di ignoranza e degrado umano e sociale. E hanno un denominatore comune, nel salto di classe sociale, con i casi di stupro ai danni di donne rese inconsapevoli dall’effetto della droga o dell’alcool. Pensare che sia sufficiente un impegno circoscritto a un aspetto specifico, ovvero riferito a una delle tante conseguenze possibili di una realtà caratterizzata da analfabetismo emotivo e figlia di una cultura che inneggia alla forza e denigra la tenerezza, rischia di restringere il problema rendendo poco coerenti le risposte. La vera matrice del male di cui stiamo constatando la resistenza, anche nell’assuefazione alla grammatica imposta dalla guerra, è la violenza in tutte le sue forme possibili – la sopraffazione, il disprezzo del più debole, l’odio per il diverso – in una dimensione così vasta e pervasiva che nello svilimento del senso del limite arriva a comprendere “anche” (potrebbe essere diversamente?) l’abuso sulle donne.
La cronaca, per quanto capace di alimentare inquietudini, non deve far dimenticare la grande opera educativa che c’è e si manifesta ogni giorno nella bellezza dello sguardo di tanti giovani e nell’empatia che permette loro di avere buone e sane relazioni. Il punto è non far venire meno questo impegno, intensificarlo affinché nessuno sia escluso, trovando le parole giuste per far saltare tutti gli inneschi possibili della violenza e dell’odio, che dalle trasmissioni televisive ai social network fino ai libri, trovano purtroppo sempre nuove e subdole forme per farsi propaganda.