Il caso migranti. L’intervento della Cei sfida di cooperazione rispetto e gratuità
Caro direttore,
un amico saggio e buon cristiano, in perfetta buona fede, si chiedeva se la Cei abbia fatto bene a mettersi a disposizione per sbloccare l’impasse generatosi sulla nave Diciotti. Sottinteso: non spettava alle istituzioni civili? non ha rischiato così di essere risucchiata nel tritacarne di una polemica politica spintasi sino allo scontro istituzionale? non ha finito per dare una mano a chi non lo meritava in quanto si era cacciato in un vicolo cieco? Domande legittime, cui tuttavia si può dare risposta. Nell’ordine. Certo, la regola sarebbe che agire secondo giustizia spettava e spetta allo Stato nelle sue articolazioni.
Ma, a fronte del deprecabile impasse, la priorità delle priorità erano le persone sofferenti. Persone e famiglie, dopo la separazione di donne e minori. Persona e famiglia: priorità che non si possono solo declamare nei documenti ecclesiastici. Secondo: la Cei si è attivata con discrezione e, come è giusto, in uno spirito di leale e fattiva cooperazione con le istituzioni civili, che sono di tutti, non di questo o quel politico.
In coerenza con la visione dei rapporti tra Chiesa e Stato scolpita nel Concilio e nella Costituzione, nonché nell'accordo concordatario del 1984 (nella distinzione, ma «collaborando per la promozione dell’uomo e il bene del Paese»). Terzo: senza fare troppi calcoli, compreso quello, pur legittimo, di chi si preoccupa dell’ 'a chi giova?', di quale parte politica ne trarrà vantaggio. Cioè nella gratuità. Non facendosi paralizzare neppure dalla ossessione di non figurare come 'di parte'. Nello spirito che si confà alla testimonianza e alla profezia. Con quello scatto che è proprio di una giustizia che, sensibile alle istanze della umanità e del diritto, tuttavia assurge alla misura della misericordia e della carità. Infine: un gesto, quello della Chiesa italiana, che, pur rispondendo a una logica altra e trascendente la politica e le sue contese, tuttavia parla anche alla politica.
Quella, per dirla con Francesco, che si vorrebbe maiuscola (Politica) e troppo spesso - come anche lei ha scritto - mostra di non esserlo, preda di angusti e spesso cinici calcoli. In ore e giorni nei quali le cronache (non senza compiacimento) sono di nuovo prodighe di notizie concernenti scandali nella Chiesa è bello - e motivo di umile fierezza per i cristiani dare atto alla Chiesa italiana di una testimonianza evangelica unita a sensibilità umana e civile, intessuta appunto di rispetto e cooperazione con le istituzioni. Se necessario, persino di occasionale supplenza. Non solo ai suoi vertici, ma alla sua base, nelle sue comunità. A cominciare da quelle di Sicilia, che pure non sono prive di problemi. Anche questo non è esempio eloquente che sfida cultura, politica e istituzioni?