Previsioni. Servono poteri responsabili (non sparate sugli economisti)
Nel novembre del 2008, un paio di mesi dopo il crack di Lehman Brothers, la regina Elisabetta si recò nella prestigiosa London School of Economics, e sbatté idealmente la borsetta sul tavolo. Chiamò in causa la comunità degli economisti aprendo il processo nei loro confronti: «Come è possibile che nessuno si sia accorto che stava arrivandoci addosso questa crisi spaventosa? ». La domanda è: 'the Queen' oggi potrebbe ripetere quell’atto di accusa?
La risposta è no, o comunque che le attenuanti della comunità scientifica sono talmente tante da rendere inclini a una sostanziale assoluzione. Le differenze tra la crisi dei mutui subprime del 2007-2008, nata negli Usa favorita da una legislazione di forte deregolamentazione della turbofinanza e dei bond tossici, sono moltissime. Quella sostanziale è che quella crisi, di cui abbiamo portato le cicatrici fino a poco fa, nacque all’interno dell’economia mentre le due recenti crisi (anche se in esse calcoli e mire egemoniche hanno il loro peso) sono extraeconomiche: il Covid e la guerra. Forse si potrebbe discutere della capacità previsive dei leader e dei loro consiglieri (comprese certe star mediatiche degli ultimi anni, virologi e geopolitici), ma non certo degli economisti che considerano variabili esogene all’interno dei loro modelli assumendo, come è di tutta evidenza, informazioni e valutazioni da parte degli specialisti che hanno di- mostrato di non avere, anche loro, la sfera di cristallo.
Basterebbe questo argomento per 'assolvere' gli economisti per la mancata e non dovuta previsione delle due crisi, Covid e guerra, e per riaffermare invece che nel caso del crack mondiale del 2007-2008 le responsabilità degli economisti allora dominanti, cioè dei neoliberisti, furono decisive. Uno di questi ultimi, Robert Lucas, ebbe a dire, inserendosi in un clima che venne descritto come la Grande Moderazione, una sorta di 'fine della storia' economica, che «il problema principale di prevenire la recessione è stato risolto in tutte le sue implicazioni pratiche» (American Economics Association, 2003). Verrebbe da sorridere amaramente se non fosse che, nel 2018, uno dei maggiori economisti del mainstream, Olivier Blanchard, ammise sulla Oxford Review of Economics Policy, che i modelli econometrici previsivi dello stesso mainstream avevano «funzionato malamente ». Si tratta dei cosiddetti Dsge, insieme di algoritmi, che all’indomani della crisi dei subprime furono subito messi alla sbarra semplicemente perché non tenevano in considerazione il rischio finanziario che invece fu proprio il detonatore della crisi.
Oggi alcuni commentatori accusano gli economisti di non aver scorto il rischio inflazione. In realtà, come ha ben spiegato il premio Nobel Paul Krugman, il dibattito non è tra chi ha previsto l’inflazione e chi l’ha negata, ma tra chi pensa e, continua a pensare, che sia un fenomeno intenso ma «transitorio» e chi ritiene che sia un fenomeno «permanente ». E le previsioni di Bce e Fed, messe a confronto nell’ultimo rapporto del centro studi Ref, dicono chiaramente che le due grandi banche centrali prevedono e indirizzano il mercato verso un’inflazione che nel 2023 dovrebbe rientrare. Per memoria: Francoforte dà una inflazione in discesa dal 6,8 nel 2022 al 3,5 il prossimo anno, la Fed scende dal 5,2 al 2,6 per cento. I banchieri centrali difendono la loro politica?
Non sembrerebbe perché lo stesso schema è adottato nelle stime di giugno da Fmi, Ocse e Ue. Certo, le politiche espansive di bilancio hanno facilitato il decollo dei prezzi portando per qualche trimestre la domanda al di sopra del Pil potenziale soprattutto negli Usa, tuttavia la causa principale è stato l’aumento dell’energia soprattutto in Europa. Se questa ultima circostanza era difficilmente prevedibile perché largamente legata alla guerra, la prima cioè l’aumento della spesa pubblica, non solo era prevista da economisti e banche centrali, ma rappresenta un rischio assunto consapevolmente.
A meno che non si legga l’economia con l’occhio dello speculatore finanziario con i paraocchi, è evidente che Usa e Europa per evitare il ripetersi e l’aggravarsi di fenomeni come il tentativo paragolpista di Trump a fine mandato, la Brexit e l’avanzata dei populisti hanno programmato negli ultimi anni un massiccio dosaggio di spesa pubblica e ammortizzatori sociali che l’Amministrazione Biden e il Recovery della Ue hanno rafforzato di fronte a Covid e guerra. Ora si tratta di dare argini davvero globali alla pandemia e di fermare l’escalation bellica. God save the Queen. Dio salvi la Regina, e ogni potere responsabile.
Autore di 'Processo agli economisti', Chiarelettere (2009)