Opinioni

Servire è sempre un'occasione . Davvero un privilegio

Francesco Riccardi mercoledì 16 aprile 2014

Il primo pensiero è quello di una nemesi: «Ecco, lui che organizzava "cene eleganti" nella sua villa-reggia ora dovrà imboccare anziani non autosufficienti in una casa di riposo». Per molti un’umiliazione, della quale gli uni si lamenteranno come nuova prova di una lunga persecuzione, mentre gli altri penseranno che si tratti dell’ennesimo privilegio: scontare la pena dovendo "fare volontariato" appena un giorno a settimana. Ed è un privilegio, in effetti, quello di cui potrà godere Silvio Berlusconi, affidato dai giudici ai servizi sociali presso l’Istituto Sacra Famiglia di Cesano Boscone. E un privilegio "personale", per giunta. Non perché sia un trattamento speciale riservato solo a condannati speciali per mezzi e potere. Ma perché mettersi davvero "al servizio" di un anziano, di un disabile, di un malato rappresenta un’esperienza umana così profonda da cambiare la persona. In questo senso sì, Berlusconi è davvero un privilegiato, perché ha un’opportunità speciale da poter cogliere.Dalla conferma in Cassazione della condanna per evasione fiscale, la scorsa estate, sono passati oltre sette mesi costellati di fibrillazioni politiche, crisi di governo minacciate, la spaccatura di Forza Italia e infine la decadenza da senatore dell’(ex) Cavaliere. Fino alle udienze di questi giorni con la scelta di affidamento ai servizi sociali, anziché gli arresti domiciliari, e la contemporanea richiesta di una qualche "agibilità politica" per colui che resta uno dei due principali leader di opposizione. Una agibilità di cui ancora ieri i compagni di partito di Silvio Berlusconi misuravano le possibilità: potrà andare a Roma, chiedendo il permesso ai giudici; potrà telefonare alle manifestazioni elettorali... «E comunque Berlusconi sarà il protagonista della campagna per le elezioni europee», assicurano i suoi sodali. È possibile, forse anche probabile che ciò avvenga. Ma potrebbe anche accadere che frequentare una realtà diversa da quella dei Palazzi romani, ritrovare rapporti diretti, ravvicinati, continuativi con l’esperienza della vecchiaia non patinata e del dolore non dissimulato lo tocchi a tal punto da mettere un certo tipo di politica in secondo piano. O almeno viverla in uno spirito diverso.Silvio Berlusconi, dopo la sentenza in Cassazione, è colpevole secondo la legge. E secondo la Costituzione, la pena comminata deve tendere al recupero umano e civile. Non saremo noi a giudicare dell’uomo – che è sempre altro dal reato commesso – e tantomeno del suo bisogno di essere "rieducato", della sua coscienza. Ma quel che sappiamo, e possiamo dire, è quale forza immensa stia nel servire. Come scavi dentro, piano ma inesorabilmente, occuparsi di un bambino solo, di un malato che si sta spegnendo, di un anziano magari dimentico di sé. Anche solo rimboccando una coperta, asciugando una bocca, stringendo una mano. E di quale e quanta ricchezza questo farsi vicino ripaghi sul piano personale. Davvero «il centuplo quaggiù»: più piccoli ci si fa accanto agli altri, nel silenzio, più grande è il dono che si finisce per riceverne. Non sappiamo quali saranno i compiti di Silvio Berlusconi nella struttura di Cesano Boscone: se dovrà, come afferma qualcuno, "tener su il morale dei vecchietti" o avere qualche compito più specifico, svolgere un’opera di volontariato più coinvolgente ancora e persino umile. E in realtà, Silvio Berlusconi non andrà propriamente come volontario in quella struttura, giacché sconta pur sempre una condanna. Non è una libera scelta, la sua. Come spesso, però, nella vita di tutti noi non è una "libera scelta" affrontare la malattia di un familiare, una tragedia improvvisa, curare la ferita di un amico. Ma è proprio quando il dolore ci si para innanzi improvviso come una condanna che la nostra vita si fa più scoperta e vera, senza infingimenti e sovrastrutture, chiedendo quel di più d’amore che ci fa davvero uomini.«Scopo di questa casa sia la carità. Abbiate gran cuore e viva carità per queste persone, servitele con prontezza e oculatezza in tutte le loro necessità»: è il motto che don Domenico Pogliani, fondatore della Sacra Famiglia rivolse un secolo fa ai parrocchiani di Cesano Boscone, i suoi primi aiutanti, e che riecheggia ancora oggi per i volontari dell’istituto. Fare profondamente sue queste parole è il migliore augurio che si possa rivolgere oggi a Silvio Berlusconi.