Serve un club d'occidente?. L’involuzione del G7 e la sfida globale
Da incontro tra i sette Paesi più industrializzati per il governo dell’economia mondiale a organismo politico con obiettivi specifici. Ma anche da approccio globale a difesa degli interessi di una parte del mondo. È questa la metamorfosi del G7 emersa dal primo incontro 'in presenza', dopo la pandemia, tra i ministri degli Esteri di Stati Uniti, Canada, Gran Bretagna, Germania, Francia, Italia e Giappone. La presidenza britannica – forse ancora influenzata da un’ingannevole retorica post-Brexit – ha concentrato l’attenzione sullo scontro con Russia e Cina, coinvolgendo India, Australia, Corea del Sud, Sudafrica e Asean.
Ma, in questo modo, ha spinto verso un rafforzamento apparente e un ripiegamento sostanziale del ruolo occidentale nel mondo. Il G7 (inizialmente G5) è nato a metà anni 70 del Novecento, dopo la sconfitta degli Usa in Vietnam, la fine del cambio fissodollaro oro, lo choc petrolifero. La crisi americana aprì anni molto difficili, ma i Paesi occidentali più sviluppati reagirono in modo creativo. Insieme al Giappone costituirono quest’organizzazione per cercare di orientare un’economia mondiale rimasta senza centro e senza governo, mentre ristrutturavano le loro economie nazionali e – non senza errori e contestazioni via via più aspre – animavano le dinamiche globali.
Ebbe inizio allora anche il lungo viaggio verso l’euro, che ha aiutato in modo decisivo i Paesi europei e il resto del mondo a difendersi dalle tempeste monetarie. Nel tempo, però, orientare l’economia mondiale è diventato sempre più difficile, anche per il ruolo crescente di nuovi protagonisti nonoccidentali, ed è nato il G20. Il G7 però non è scomparso: i Paesi occidentali hanno continuato a credere nel loro ruolo. Ora invece sembrano aver definitivamente abbandonato il tentativo di orientare l’economia globale. Le decisioni di congelare l’accordo sugli investimenti europei in Cina, faticosamente raggiunto dopo sette anni di trattative e assai proficuo per le imprese europee, e di limitare gli investimenti cinesi in Europa confermano la volontà di blindare i confini dell’area occidentale più che rilanciarne il ruolo nelle relazioni mondiali.
È una svolta che si proietta anche sull’azione del G7 in campo politico, di cui non si riesce (ancora) ad afferrare il disegno ispiratore. Nel documento finale Cina e Russia vengono abbinate in una condanna molto dura sul terreno dei diritti umani. La conseguenza immediata è di compattare i due Paesi in funzione anti-occidentale, senza ricavarne vantaggi. Come ha ricordato Angela Merkel, inoltre, i governanti europei sollevano sempre la questione dei diritti umani nei loro incontri con interlocutori cinesi ed è noto l’impegno Ue a favore del dissidente russo Navalny.
Qual è lo scopo, perciò, dell’attuale escalation (solo) verbale? Seguiranno iniziative concrete politiche, economiche, militari? Non è (ancora) dato saperlo. L’impressione complessiva, intanto, è che gli occidentali stiano mostrando i muscoli più per se stessi che per gli altri, più a scopo identitario che per cambiare gli equilibri mondiali. Nello stesso tempo, però, i leader del G7 auspicano relazioni stabili con Russia e Cina, maggiore multilateralismo e collaborazione più stretta sull’ambiente e in altri campi. La dimensione globale dei problemi, infatti, resta. Lo conferma la decisione di Joe Biden di impegnare gli Usa per sospendere le protezioni della proprietà intellettuale dei vaccini anti-Covid allo scopo di accelerarne produzione e distribuzione in tutto il mondo. È una buona notizia.
Ma è frenata e anche apertamente avversata dagli alleati d’Occidente. Da molto tempo papa Francesco indica la strada della solidarietà globale, ma la sua voce è rimasta spesso inascoltata. È un problema su cui dovrebbero riflettere anzitutto i cattolici: spetta infatti a loro far capire che la Fratelli tutti indica una strada di salvezza, e non solo per i credenti. Stringersi intorno a Francesco e rilanciare la sua parola non riguarda solo la loro fede: è una responsabilità morale e politica di fronte all’intera umanità in una stagione così incerta e pericolosa.