Opinioni

Anche la qualità del testo fattore importante. Serve chiarezza di princìpi e parole

Paolo Borgna giovedì 7 aprile 2016
Si può essere a favore del monocameralismo, come lo furono autorevoli padri costituenti: per avere procedure legislative più snelle e per evitare che troppi passaggi dei progetti di legge davanti a Camere diverse abbiano come risultato normative disorganiche e spesso confuse. O si può essere contrari: perché si preferisce una maggior ponderazione nel legiferare e perché, a volte, il passaggio del progetto di fronte a un secondo ramo del Parlamento permette la correzione di errori contenuti nel testo già approvato da una Camera.Si può essere a favore del progetto di riforma costituzionale in discussione in questi mesi in quanto si desidera un’accentuazione del principio di governabilità: perché la volontà popolare trova espressione anche nell’azione dell’esecutivo che agisce sulla base della fiducia ottenuta dal Parlamento eletto dai cittadini. O essere contrari: perché si teme che l’esasperazione della governabilità rischi di mortificare la funzione di controllo del Parlamento (rischio amplificato dalla contemporanea approvazione di una legge elettorale che attribuisce un generoso premio di maggioranza ad un solo partito).Si può essere a favore del superamento del bicameralismo perfetto anche solo per adeguare l’Italia all’assetto istituzionale della maggior parte delle moderne democrazie europee. O essere contrari perché proprio questa tendenza all’omologazione non persuade. Si può essere, in linea teorica, a favore del monocameralismo ma contrari a questa riforma: per il modo in cui viene approvata (a colpi di maggioranza, con l’opposizione di quasi metà del Parlamento; e non è il modo giusto di scrivere le Costituzioni); con aggiustamenti dell’ultima ora e conseguenti pesantezze lessicali, che creano confusione.Ma a queste osservazioni si può opporre che - se si condividono i princìpi della riforma - non è il caso di fare i puristi: perché il meglio è nemico del bene; e a voler perseguire l’ottimo non si otterrà mai nulla. Si può essere favorevoli a questa riforma perché, lasciandosi trascinare dalla personalizzazione impressa dal premier, non si vuol contrastare questo governo che - si pensa - sta operando bene, o almeno tenta di farlo, su vari fronti, a cominciare dalla politica estera e dal confronto con l’Europa sulla materia incandescente dell’eccesso di rigorismo economico-finanziario e delle migrazioni. O ci si può schierare contro, proprio perché non si ama Renzi e si intravede, nel referendum che avremo in autunno, un’occasione per attenderlo al varco. In molti di noi - non pregiudizialmente schierati e comunque contrari a usare impropriamente un referendum sulla Costituzione come arma per piccole o grandi ritorsioni politiche - tutti gli argomenti fin qui ricordati si intrecciano, confliggono, creano dubbi, domande e desiderio di confrontarsi con gli altri, per meglio capire e, alla fine, decidere nel modo migliore.Ma, a un certo punto, confrontiamo il testo attuale e quello previsto dalla riforma, di una norma cardine della Costituzione, l’articolo 70, riguardante la funzione legislativa. Leggiamo il testo vigente: «La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere». E poi leggiamo il testo del primo comma dell’articolo che lo dovrebbe sostituire: «La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere per le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali, e soltanto per le leggi di attuazione delle disposizioni costituzionali concernenti la tutela delle minoranze linguistiche, i referendum popolari, le altre forme di consultazione di cui all’art. 71, per le leggi che determinano l’ordinamento, la legislazione elettorale, gli organi di governo, le funzioni fondamentali dei Comuni e delle Città metropolitane e le disposizioni di principio sulle forme associative dei Comuni, per la legge che stabilisce le norme generali, le forme e i termini della partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione Europea, per quella che determina i casi di ineleggibilità e di incompatibilità con l’ufficio di senatore e di cui all’art. 65, primo comma, e per le leggi di cui agli articoli 57, sesto comma, 80, secondo periodo, 114, terzo comma, 116 terzo comma, 117, quinto e nono comma, 119, sesto comma, 120, secondo comma, 122, primo comma, e 132, secondo comma». E alla fine del confronto ci chiediamo: ma perché noi che abbiamo ereditato dai nostri padri una Costituzione scritta con nitore di pensiero e di lingua (una Costituzione che chiunque può leggere e capire), perché noi dovremmo lasciare ai nostri figli e ai figli dei nostri figli una Costituzione scritta in questo modo? Per favore, c’è qualcuno che ci può rispondere e convincere?