Opinioni

Aperta causa di beatificazione. Senza scarti la società di don Benzi

Lucia Bellaspiga giovedì 17 aprile 2014
Da oggi don Oreste Benzi è «servo di Dio», il primo titolo attribuito quando si intraprende una causa di beatificazione, com’è avvenuto per il prete di Rimini rinato al cielo sette anni fa. Lo ha annunciato ieri il vescovo Lambiasi, dando il via al «processo su vita, virtù e fama di santità» del sacerdote. E lui? Che cosa avrebbe detto oggi don Benzi? Avrebbe spalancato il sorriso romagnolo e avrebbe chiesto di lasciarlo lì, in quel «servo» che tanto bene descrive la sua gioiosa vita al servizio degli altri. Sempre con gli ultimi sulle strade del mondo, ha concepito e messo in atto una società dove lo scarto non esiste e in cui nessuno è perduto: «L’uomo non è il suo errore», spiegava a ladri e assassini, cui rivelava «tu non sei un ladro, sei un uomo che ha rubato, non un assassino, ma un uomo che ha ucciso», e così li convertiva. «Nessuna donna nasce prostituta», ripeteva ogni notte tra i falò, prima di regalare un Rosario e il suo numero di cellulare... A migliaia lo hanno seguito. «Mettiti in dialogo col tuo bambino», consigliava alle donne in procinto di abortire, lasciando una carezza sul loro ventre ancora pulsante di vita. E quando da mamme tornavano a trovarlo con il bambino al collo, ridendo lo apostrofava in dialetto, «la t’è ’nde bin», ti è andata bene... Con questa leggerezza cambiava il mondo, dimostrando quanto sarebbe facile rovesciarlo del tutto: nella sua società capovolta gli ultimi erano al vertice, non per elemosina ma perché «una volta accolti, modificano la nostra vita. Non dare per carità ciò che è dovuto per giustizia». Lo sanno bene le folle di credenti e non credenti rimasti attaccati alla rete di questo santo pescatore di uomini, che oggi in quaranta Paesi del pianeta danno ogni giorno un pasto a sessantamila poveri e ancor più una famiglia a migliaia di reietti. Da don Oreste hanno imparato a mettere la spalla sotto la croce altrui, ma anche a non andare a braccetto con chi quelle croci le costruisce, gli affamatori, i signori della guerra, gli ingiusti, i potenti. «Infaticabile apostolo della carità», lo definì Benedetto XVI. Con altro stile, Francesco a marzo durante un Angelus ha improvvisato, «guardate che questi sono bravi, eh?». Nel silenzio i suoi ragazzi continuano a rovesciare il mondo.