Salute. Le buone abitudini che possono allungare la vita
L'attività fisica rallenta il declino fisico e cognitivo
Siamo una società che sta rapidamente invecchiando a causa della sproporzione fra la mortalità (circa 650.000 decessi l’anno) e la natalità (circa 380.000 nati all’anno), mentre la durata di vita è aumentata arrivando a circa a 81 anni per i maschi e 85 per le femmine. Abbiamo circa 1 milione di novantenni, ma solo 22.000 centenari e 17 persone che hanno raggiunto i 110 anni. A fronte di questa situazione va sottolineato che, se osserviamo ciò che dovrebbe interessarci di più, cioè la durata di vita sana, scendiamo molto in basso nella graduatoria internazionale.
La ragione della differenza fra durata di vita totale e durata di vita sana dipende dalla presenza di malattie, spesso più di una, nello stesso soggetto. Diventa, quindi, urgente, nel nostro Paese, aumentare la durata di vita sana, obiettivo che si può raggiungere attraverso l’applicazione delle cosiddette buone abitudini di vita. Tutti sappiamo quali siano, ma poi non le applichiamo, adducendo molto spesso una serie di alibi: “Comincerò a migliorare la mia alimentazione la prossima settimana”; “Il mio medico fuma, quindi vuol dire che non fa così male”; “inutile avere buone abitudini di vita dato l’inquinamento”; “mangio quel che voglio, tanto posso ricorrere a un integratore alimentare”.
Le buone abitudini di vita offrono, invece, una probabilità sempre più alta di vita sana, quanto più le si osservano tutte, con il risultato di ridurre l’accesso ai medici e ai farmaci, con il vantaggio di liberare il Servizio sanitario nazionale da prestazioni aggiuntive. Val la pena, al riguardo, di fare un elenco delle buone abitudini di vita per caratterizzarne i vantaggi. Evitare il fumo è fondamentale, considerando che le sigarette rappresentano un fattore di rischio per ben 27 malattie, inclusi vari tipi di tumore. Conosciamo il rapporto fra tabacco e tumore del polmone, ma sono molti i tumori influenzati dal fumo, inclusi quello della vescica e del seno, come pure dipende dal fumo l’infarto cardiaco, l’ictus cerebrale nonché la cataratta, l’artrite reumatoide e altre forme di artriti. Il tabacco rappresenta anche un danno non solo per chi lo consuma ma anche, in modo indiretto, per le persone che sono ricevono il fumo passivo.
Si dovrebbero aumentare ancora le proibizioni per il fumo nei parchi, dove ci sono spesso i bambini, nei luoghi dove si attendono mezzi di trasporto, sulle spiagge, e così via. Una modalità per diminuire l’uso del tabacco è certamente data dall’aumentare il prezzo delle sigarette: in Italia è di circa 5 euro, mentre in Inghilterra è di circa 10 sterline ed in Francia è recentemente aumentato a 14 euro. Lo Stato italiano teme di perdere i 14 miliardi che ricava dalle tasse, ma è molto miope considerando le enormi spese che derivano dalle malattie indotte dal fumo.
Non solo, il fumo ha anche una grande influenza sull’ambiente perché, la coltivazione del tabacco sottrae, in Italia, circa 14mila ettari alla forestazione, che sarebbe importante per mantenere una buona depurazione dell’atmosfera. Si tenga inoltre conto del fatto che ogni anno si fumano circa 40 miliardi di sigarette, che emettono sostanze cancerogene e infiammatorie e che finiscono nell’atmosfera aumentando le cosiddette polveri fini. Inoltre, si depositano sul terreno enormi quantità di mozziconi, i cui prodotti tossici vanno a finire nell’acqua e nel cibo. Analogamente occorre evitare l’alcol, che recentemente è stato dichiarato cancerogeno dall’Organizzazione mondiale della sanità. Gli interessi economici in gioco, soprattutto nell’industria del vino, non permettono che succeda quanto deciso in Nuova Zelanda e in Australia, dove chi acquista una bottiglia trova scritto: «Questo prodotto può essere dannoso alla vostra salute». Astenersi dalle droghe è un’altra buona abitudine di vita, come pure astenersi dai giochi d’azzardo che possono essere alla base di problemi mentali e di suicidi.
Tutti sappiamo poi quanto sia importante l’alimentazione. In Italia, abbiamo la tradizione della dieta mediterranea, che consiste nel privilegiare vegetali e frutta, carboidrati complessi (pasta e riso) pesce, riducendo la quota di carni, in particolare quelle rosse, e grassi. Si può dire che la dieta deve essere varia per fornire tutti i micro e i macro nutrienti, ma moderata. Numerosi studi hanno dimostrato, dal topo alla scimmia, che la riduzione di circa il 30% della quantità di cibo che viene assunta determina un aumento della durata di vita di circa il 20 percento. Uno studio condotto nell’uomo, denominsto “CALORIE2”, ha valutato il risultato di una riduzione calorica del 25% per 2 anni, determinando effetti positivi quali la diminuzione del colesterolo, della pressione sistolica e diastolica con un miglioramento dell’indice di sensibilità all’insulina, nonché un aumento delle performance cognitive e una riduzione del metabolismo a riposo. Inoltre, mangiare poco esercita effetti antiinfiammatori.
L’attività fisica è pure molto importante, perché migliora lla funzione circolatoria e il consumo di calorie. In realtà bastano 40 minuti al giorno di corsa o camminata, facendo fatica. Esistono molte modalità di attività fisica: ognuno può scegliere ciò che è più adatto a sé. Tuttavia, è importante non rinunciare mai all’attività fisica perché, assieme alla corretta alimentazione, permette di mantenere il peso corporeo nella normalità evitando sovrappeso e obesità. Questa triade, alimentazione attività fisica e peso corporeo è la base per evitare il diabete di tipo 2, nonché i disturbi cognitivi che avvengono nella vecchiaia.
Il sonno, almeno 7 ore al giorno, è fondamentale, oltre che far riposare la muscolatura, anche per mantenere il cervello in buone condizioni. Infatti, il cervello è l’organo che ha il maggior metabolismo e produce scorie che non possono venite eliminate durante la giornata. Nella notte, la eliminazione delle scorie raddoppia. Ciò permette di evitare il permanere di sostanze che possono essere dannose per l’attività cerebrale. Fra le buone abitudini di vita, non bisogna dimenticare di mantenere rapporti sociali. Dobbiamo fare sì che con l’avanzare degli anni non ci si isoli; si deve continuare a essere propositivi, seguendo ad esempio attività di volontariato o gli hobby a cui si è affezionati.
Infine, è molto importante ricordare i determinanti socio-economici. Avere un basso livello di scolarità implica in generale bassi redditi e ciò determina scarsa attenzione alla salute perché l’obiettivo principale è arrivare alla fine del mese. Ciò tuttavia determina l’accesso a cibi industrializzati di basso costo e quindi ad una maggiore incidenza di obesità e di diabete. In generale, il vivere in periferia, in ambienti poveri, riduce la durata di vita. Un ultimo elemento da considerare è il ruolo che svolgono i servizi sanitari. Fanno parte della prevenzione le vaccinazioni, che spesso incontrano ostacoli nel nostro Paese, come pure la partecipazione agli screening per malattie croniche e per i tumori. Diagnosticare precocemente un tumore significa una maggiore probabilità di ottenere la guarigione dalla malattia, purtroppo soltanto il cinquanta percento degli italiani partecipa, ad esempio, allo screening proposto dalle Regioni per identificare il tumore del colon retto.
La descrizione delle buone abitudini dovrebbe essere compito dei medici di medicina generale per aiutare i pazienti a mantenere stili di vita salutari,. Per concludere, abbiamo bisogno di una grande rivoluzione culturale che metta al primo posto la prevenzione tra i compiti della medicina. Ciò richiede la realizzazione di una Scuola superiore di Sanità, dove formare i dirigenti, in modo che entrino nel Ssn con la preparazione adatta rispetto alla prevenzione. Non solo, abbiamo anche bisogno di far conoscere i problemi della salute nella scuola italiana, basterebbe un’ora la settimana, in tutti i gradi e livelli, per cominciare a cambiare la mentalità e, soprattutto, per far capire ai giovani che ciò che fanno oggi condizionerà la loro situazione di salute in futuro. Anche nelle scuole di medicina è oggi trascurato l’insegnamento dei principi che riguardano la prevenzione. C’è molto da fare, ma si deve iniziare il più presto possibile questa fondamentale rivoluzione culturale.
Fondatore e presidente
Istituto di Ricerche farmacologiche Mario Negri Irccs
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