Opinioni

Politica e democrazia. Il ruolo di Yunus e la svolta impressa dai giovani

Stefano Vecchia giovedì 8 agosto 2024

Nessuno avrebbe creduto fino a tre giorni fa che il Bangladesh, Paese stretto fra dittature militari e leader assoluti, incagliato tra l’orgoglio delle origini – sempre alimentato ma a volte tradito – e l’incapacità di evolvere da un potere autocratico, potesse vedere una svolta tanto radicale. Una transizione di potere reale, finalmente pacifica dopo scontri sanguinosi che, a meno di sterzate improvvise, va iscritta a merito dei militari e di una volontà popolare che ha riconosciuto in un premio Nobel per la pace la figura di garanzia che, sola, probabilmente può accompagnare e guidare almeno inizialmente il cambiamento necessario.

Muhammad Yunus è sempre stato sostenitore e ambasciatore delle potenzialità del Paese d’origine, anche quando era perseguitato in patria dalla ex premier ora rifugiatasi in India. Nonostante i suoi 84 anni, gli studenti “ribelli” lo hanno invitato a condurre il Bangladesh e i suoi 170 milioni di abitanti anzitutto verso una prospettiva di pacificazione nazionale. Il suo arrivo a Dacca via Dubai è previsto per oggi. La decisione «di formare un governo ad interim con Yunus come leader» è stata presa ieri nel corso di un incontro tra il presidente Mohammed Shahabuddin, alti gradi dell’esercito e – significativamente – i leader del collettivo “Studenti contro la discriminazione”. A dare agli studenti un ruolo centrale hanno concorso tre elementi. Il primo: l’incremento massiccio degli iscritti all’università, scelta incentivata anche dal governo, come strumento di sviluppo per migliori prospettive future.

Il secondo: la percentuale prevalente dei giovani sul totale della popolazione e il loro ruolo ormai determinante, associato a una maggiore consapevolezza e apertura internazionale. Terzo: il rapporto di maggiore fiducia con le forze armate, ben diverso da quello con l’apparato di sicurezza del veccho “regime”, che si è rivelato assai repressivo nei loro confronti.

Alla ricerca di un leader che potesse essere riconosciuto dalla maggior parte della popolazione, gli studenti hanno scelto il “banchiere dei poveri” Yunus, forse il cittadino bengalese più noto all’estero. Soprattutto, un economista che ha messo al centro i più poveri impegnandosi perché potessero uscire dalla loro condizione con le proprie forze e un prestito minimo, puntando in particolare sulle donne come attrici protagoniste del cambiamento. La sua “lezione” ed eredità come prestigioso elemento di connessione anche tra la realtà locale, peraltro in forte crescita economica, e il mondo che guarda con attenzione alla situazione del Bangladesh.

La nuova situazione politico-istituzionale – sempre al netto di possibili derive – potrebbe anche determinare una svolta, o una maggiore autonomia rispetto al “protettorato” cinese su commerci e infrastrutture e quello indiano sul piano culturale e strategico. Le necessità di investimenti e partenariato, che hanno anche favorito il decollo della rete stradale, ferroviaria e aeroportuale, come pure la delicata bilancia dei rapporti frontalieri con New Delhi, potranno forse meglio associarsi ora a una partecipazione di altri attori e a una diversificazione delle possibilità e dei rischi.

Assordante è stato finora il silenzio di Pechino che, se prima temeva una deriva filo-indiana di Dacca, ora si preoccupa per una possibile destabilizzazione che metterebbe a rischio i suoi crediti e investimenti. Da parte sua, invece, l’India ha invitato ieri i funzionari non essenziali delle sue rappresentanze diplomatiche e le loro famiglie a lasciare volontariamente il Paese, augurandosi che non vi siano rappresaglie contro propri cittadini. Una mossa precauzionale che solleva diversi interrogativi.

Non manca chi suggerisce un coinvolgimento pachistano (forse come intermediario di interessi cinesi) o dell’intelligence statunitense dietro l’azione degli studenti e l’evoluzione degli ultimi giorni. Comunque sia, e con la speranza che non vi siano svolte traumatiche nelle settimane a venire, il Paese che ha visto un ampio riconoscimento internazionale della nuova situazione ha ora la possibilità, con un accordo strategico fra le sue componenti sociali, politiche, dei poteri dello Stato e delle forze armate, di proposi con una immagine finora inedita ma di grande attrattiva e – va sottolineato – esemplare nel contesto regionale. Solo se questo si concretizzerà, le sofferenze e l’impegno dei suoi giovani (e non solo) avranno avuto un senso.