Analisi. Il voto italiano sulle armi a Kiev: scelta strumentale o vero segnale?
Anche se le votazioni all’Europarlamento di Strasburgo consentono spesso fantasiose vie di fuga con cui i partiti nazionali possono tenere entrambi i piedi in una scarpa, quanto accaduto ieri sulla risoluzione pro-Ucraina presenta tre elementi oggettivi. Il primo, il più lampante, è che tutte le delegazioni italiane hanno votato contro l’estensione dell’utilizzo delle armi fornite a Kiev dai partner europei. Una presa di posizione che non cambia la linea che sembrano aver imboccato l’Unione e diversi Paesi-guida, ma che fa emergere, pur tra molte contraddizioni e ambiguità, uno “specifico” dell’Italia in una fase molto delicata del conflitto.
Sarà da verificare la sostanza di questo posizionamento trasversale sull’articolo 8 della risoluzione varata ieri. Potrebbe essere una scelta meramente strumentale ai sondaggi interni, nella consapevolezza che l’Europarlamento già godeva dei numeri per approvare il punto sulle armi. O potrebbe essere la premessa per un ruolo originale e costruttivo di Roma negli scenari bellici. Saranno i fatti a dire la verità.
Il secondo elemento oggettivo è che entrambi i “campi” elettorali italiani non hanno una linea comune di politica estera. FdI, FI e Pd sono insieme su un orizzonte euroatlantico, da cui invece si mostrano sempre più lontani Lega, M5s e Avs. Il terzo elemento oggettivo è che Forza Italia e Partito democratico sono attraversati da tensioni più profonde di quanto emerga in superficie. In entrambi i partiti le componenti liberal-riformiste esprimono insofferenza: gli azzurri verso i vincoli di un’alleanza con le destre, i dem verso le posizioni più nette della segreteria Schlein.