Paura e desiderio. Queste sono le pulsioni dei giovani, che spesso ne suscitano i sentimenti e ne muovono le azioni. Lo sperimento anch’io, da genitore
vintage, quotidianamente, con le mie figlie. Ma dopo il rapimento di Greta e Vanessa, che conosco e che ho sostenuto nel loro progetto umanitario in Siria, questi sentimenti si sono tramutati in ansia e preoccupazione. In un lampo. Ho rivisto in loro la stessa leggerezza con cui mia figlia diciassettenne si appresta a partire per il Kenya a sostegno di un progetto agricolo nel villaggio di Kiptere, a pochi passi dal lago Vittoria. Cosa ne sanno veramente i nostri figli di questi Paesi lontani? In che modo si preparano a partire? Cosa conoscono della storia, della cultura e della lingua? Spesso molto. Forse anche troppo, rispetto a quello che potevamo conoscere noi alla loro età. Hanno tante fonti a disposizione: internet, social network, libri e giornali, ma spesso usano solo le prime due. Che poi alla fine risultano essere solo una: la rete. E spesso in questa rete ci cascano. Con tutta la buona fede del caso: il fascino del viaggio, il rischio di toccare con mano le zone martoriate dalla guerra e, soprattutto, la generosità – il desiderio, appunto – di voler dare una mano e aiutare chi ne ha davvero bisogno. Come il Buon Samaritano. Ma spesso il desiderio cancella la paura: a colpi di video. Quanti di questi filmati possiamo vedere oggi su YouTube e in rete? Centinaia. E tutti 'veri', fatti col telefonino dai ragazzi siriani, inviati in tempo zero dalle vie di Aleppo, dove infuoca la battaglia o dai campi profughi al collasso. Salvo, a volte, scoprire poi che non tutti sono proprio 'veri'. Forse qualcuno non ritrae nemmeno la realtà siriana. Ma il problema non è la verifica delle fonti: com’è possibile farlo in breve tempo in una zona di guerra a tanti chilometri di distanza? Il problema sta nel mezzo, nel web, dove tra un video musicale e un film in
streaming i nostri figli guardano filmati di guerra come se fossero videogiochi. Questa rete che nasconde orchi dietro la faccia – finta – di padri di famiglia o di coetanei premurosi, cela anche la realtà – sempre dura e violenta – di una guerra. «Non abbiate paura», esortava san Giovanni Paolo II. Certo che non dobbiamo averne. Ma un sano timore del pericolo, quello sì. Anche la Bibbia ci mostra due tipi di paura: una giusta (che induce, nei momenti di difficoltà, ad affidarsi a Dio) e una negativa e soffocante, che ci fa travolgere dalla disperazione. In momenti come questi, dove l’angoscia per la sorte di Greta e Vanessa ci stringe il cuore, non possiamo fare altro che affidarci a Lui, perché la loro vita, come dice il Vangelo di Matteo (10, 31) «vale molto di più degli uccelli del cielo».