Opinioni

Scrutini a vuoto: la democrazia è anche pazienza ma senza abusare

Marco Tarquinio venerdì 28 gennaio 2022

Caro direttore,
c’è diffuso fastidio per le votazioni di attesa, a suon di schede bianche e di voti “dimostrativi” che si stanno susseguendo nell’Assemblea chiamata a eleggere il nuovo Presidente della Repubblica. Certo, ci sono buone ragioni che giustificano le difficoltà di una scelta. Il Capo dello Stato rappresenta l’unità della nazione, è l’ago della bilancia e assieme il garante della Costituzione, per questo anch’io – come lei, che ne ha scritto domenica scorsa – non sono favorevole all’ipotesi, rilanciata in questi giorni, di elezione diretta da parte dei cittadini. In un periodo in cui non si pratica il dialogo, ma lo scontro frontale, c’è il rischio che prevalgano candidati oltranzisti, divisivi. Ma scegliere bisogna. Mi torna allora in mente un Conclave (credo del tredicesimo secolo) che, per le contrapposizioni tra i candidati, non riusciva a esprimere il Papa. Allora i fedeli, ritenendo la scelta ormai indilazionabile, scoperchiarono il palazzo dove si svolgeva il Conclave e smisero di rifocillare i cardinali. Il Papa fu eletto rapidamente. Certo, sono stati metodi un po’ brutali, e ci si augura che nel nostro caso non sia necessario ricorrervi. Tuttavia, nel caso di ulteriori scrutini a vuoto, forse non sarebbe male se i cittadini esprimessero il loro rammarico per il ritardo, magari ispirandosi, anche se solo simbolicamente, alla storia della Chiesa.

Dario Santin Trieste

L’elezione del tredicesimo presidente della Repubblica italiana non durerà di certo 1.006 giorni come il Conclave di Viterbo, da lei evocato, caro amico. Quell’elezione papale si protrasse tra il 1268 e il 1271, sino a quella clamorosa e ormai proverbiale conclusione, con i cardinali messi a pane, acqua e intemperie. E sono convinto che non durerà neppure per 16 giorni e 23 votazioni come nel 1971, quando Giovanni Leone trovò la maggioranza dei grandi elettori solo alla vigilia di Natale. Ma non dubito neppure che se – per una deliberata, perdurante mancata intesa politico-istituzionale – gli scrutini a vuoto dovessero continuare ancora, la pressione “dal basso” sui leader di partito si farebbe fortissima. Tanto più che essa verrebbe amplificata e ingigantita dal fatto che ormai le piazze sono anche digitali. La democrazia è anche pazienza, è vero, però è meglio non abusare.