Opinioni

Il «signor no» tedesco guida il Parlamento. Schäuble, il rigore contro gli estremismi

Giorgio Ferrari giovedì 26 ottobre 2017

«Non avrei mai voluto essere obbligato ad imporre misure simili a nome della Germania, ma ciò che proponeva Varoufakis era talmente lontano dalla realtà che non potevo proprio prenderlo in considerazione». Quando nell’inverno del 2015 i loro sguardi s’incrociarono per la prima volta, entrambi seppero istantaneamente che solo uno dei due sarebbe sopravvissuto. A soccombere fu l’economista e ministro delle Finanze del primo governo Tsipras, che inutilmente tenne testa a quell’uomo garbato ma d’acciaio, inchiodato su una sedia rotelle che è quasi un’allegoria della sua caparbia inamovibilità nel difendere il bene e il benessere della Germania e nel voler 'commissariare' o espellere dall’Unione Europea la Grecia insolvente e travolta dai debiti. Se per anni ci si è riferiti alla Germania come ferrigna matrigna d’Europa, una severa istitutrice strutturalmente incapace di applicare sconti a chi non ne meritava e soprattutto a chi non svolgeva correttamente i compiti a casa, il volto più evocato non era quello di Angela Merkel, bensì quello del suo più affidabile braccio secolare, il ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble. Dietro quegli occhi azzurri, dietro quella severità nell’osservare le regole e nel minacciare l’intervento della Troika si è assiepata per anni – dal 2009 fino a ieri – la Germania dell’industria e delle banche, ma anche e soprattutto quella dei milioni di cittadini che nel 'ministro del rigore' riconoscevano il necessario baluardo contro la dissipatezza dei 'Pigs' (ingeneroso acronimo – pigs in inglese sta per maiali – a designare Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna, ma quella 'i', secondo molti, valeva anche per l’Italia), quegli Stati membri della Ue che brillavano per la riluttanza ad aggiustare i conti pubblici e appesantivano la crescita economica. I suoi celebri nein! avevano oscurato la fama dei nyet! di Andreij Gromyko, fino a eleggerlo campione di una Germania senza cuore.

Ora che Schäuble lascia il 'suo' dicastero è presto per tirare un sospiro di sollievo. La rinuncia – che lascerà comunque un vuoto importante in Europa – è il sacrificio che Angela Merkel ha preteso per poter affidare le Finanze a un ministro liberale, concessione indispensabile per poter formare una coalizione di governo che le assicuri la stabilità necessaria nel suo quarto mandato come cancelliere. Ma il compito del cristianodemocratico Schäuble come arbitro della Camera bassa non sarà meno impegnativo del precedente: schierato per la prima volta dal 1932 c’è un folto manipolo di parlamentari di Alternative für Deutschland, il raggruppamento di ultradestra con profonde venature xenofobe e razziste che è approdato al Bundestag con 92 deputati sulle ali di un malcontento che ha messo spietatamente in luce il permanere di due Germanie, quella ricca se non opulenta dell’ovest e quella azzoppata da quarantacinque anni di regime comunista che stenta ad allinearsi ai ritmi vittoriosi (e spesso indifferenti e ingrati nei confronti delle fasce più deboli) dell’economia tedesca. Arginare Afd (che preannuncia: «Staneremo Merkel, le daremo la caccia ogni giorno»), smussarne le spinte estremiste e le imboscate parlamentari sarà uno dei compiti principali di Schäuble, che subito si è affrettato a dire: «Mi rallegro per questo nuovo ruolo che dovrò ricoprire nei prossimi anni: nel Parlamento risiede il cuore della democrazia, abbiamo l’obbligo di rispettare questo luogo ricordando che lo scontro democratico è necessario ma deve svolgersi entro regole accettate da tutti».

Un tempo delfino di Helmut Kohl, Schäuble si vide la strada sbarrata da una semisconosciuta Merkel, la quale ha tuttavia avuto sempre bisogno estremo della fermezza e del rigore di questo 'braccio destro', che in privato ha ammonito: «Io vado, le mie politiche restano». Farà il guardiano, insomma, cosa che gli riesce meglio di ogni altra. Il che permetterà al cancelliere di rivedere innumerevoli aspetti delle sue scelte passate, dalla politiche sui flussi migratori (fino a oggi lasciate in eredità ai soli Paesi affacciati sul Mediterraneo) all’imbarazzante surplus commerciale, ai rapporti con Washington e con Mosca, fino al vistoso calo di popolarità raccolto alle ultime elezioni che hanno fatto parlare di Merkeldämmerung, il crepuscolo della donna più potente del continente, ora costretta a occuparsi più del cortile di casa propria che degli affari del mondo.

Per sua fortuna dispone del settantacinquenne Wolfgang Schäuble. Rigoroso, anche troppo. E certo è troppo aspettarsi che salvi da solo l’Europa a trazione tedesca dalle derive estremiste, ma si può star sicuri farà la sua parte.