Opinioni

Il direttore risponde. Scelta agli elettori, adesso almeno si discute. Era ora

venerdì 3 settembre 2010
Caro direttore,ho letto attentamente le sue osservazioni alla lettera di Francesco Zanatta su Avvenire del 21 agosto e non sono per nulla d’accordo, per le gravi motivazioni per cui le preferenze sono state abolite alla quasi unanimità. E cioè per evitare le liti tra candidati dello stesso partito, e la distribuzione dei foglietti numerati agli elettori di fiducia per avere sempre e comunque l’ordine degli eletti stabilito dalle segreterie dei partiti, come ora, con la differenza che almeno avviene in modo legale, senza compromessi con gli elettori. Per evitare ai candidati il consistente impegno economico per la propaganda (col rischio di pericolosi sponsor) e il rischio di una compravendita di voti. Per il resto è vero: oggi, nella pratica, la situazione è pessima. Chi ha mai chiesto a noi elettori il parere sulla scelta della rosa dei candidati indicati dai partiti e riportati sui manifesti elettorali? E le primarie? Lasciamo perdere… Ritorniamo al passato? È come fare un passo avanti e due indietro, come quando certi cattolici si lamentano del governo attuale di centrodestra, dimenticando i grossi pericoli che si sono dovuti fronteggiare, su questioni attinenti ai principi non negoziabili della stessa Chiesa, con precedenti governi di centrosinistra. Scordano facilmente tutto, anche se poi piangono lacrime di coccodrillo.

Sergio Berto, Poggio Renatico (Fe)

Caro direttorequanto le ha scritto Cesare Cavalleri in merito al voto di preferenza avrebbe potuto avere un minimo di plausibilità in passato, quando la scelta era tra numerosi partiti che – almeno in teoria – rappresentavano le varie posizioni sulle "cose da fare". Ma attualmente, se pure non si è raggiunto un compiuto bipolarismo, la scelta è tra soggetti molto ampi al cui interno convivono posizioni decisamente eterogenee se non addirittura conflittuali. E allora quale possibilità ha l’elettore di far sentire la sua voce proprio sulle scelte operative, se non gli è consentito di scegliere tra i vari candidati di una lista-raggruppamento?

Antonio Meo, Rovigo

Caro direttore,ho trovato molto utile il richiamo del professor Possenti, e il dibattito che la sua replica ha generato, a proposito di una modifica della legge elettorale in modo che i cittadini possano scegliere tra più candidati e non come ora dove il menù è fisso e il cittadino sceglie il partito e basta. Con l’attuale legge, il partito ha avuto carta bianca e, graziosamente, ha sollevato l’elettore dalla fatica di indicare chi desidera vedere in Parlamento. Ma oggi, con quale criterio i partiti compongono le liste che vengono sottoposte agli elettori? Si tratta di persone che hanno dimostrato di essere brillanti e solide negli studi e onestà nei rapporti di lavoro e familiari? Si esclude il nepotismo? I partiti hanno resistito alla tentazione di nominare in Parlamento parenti, amici e collaboratori del proprio ufficio? I partiti hanno resistito alla tentazione di far eleggere chi paga loro direttamente o indirettamente le spese ingenti per sviluppare un consenso (effimero) con la tv e i media in occasione delle tornate elettorali? Se le cronache dei giornali non sono inventate, si direbbe di no. La maggioranza dei parlamentari teme le elezioni anticipate, non le vuole. Chi non le teme è colui che ha mezzi finanziari propri o è un fedelissimo di chi può farsi la campagna pubblicitaria da sé. Cesare Cavalleri propone comunque di lasciare ai partiti stessi la scelta dei candidati. Ma se poniamo la lente d’ingrandimento sui partiti e osserviamo l’organizzazione, possiamo dire che siano organizzati democraticamente? Assolutamente no. Nella migliore delle ipotesi sono delle oligarchie blindatissime. Avete mai visto il bilancio di un partito? Prima di una eventuale nuova elezione sarebbe opportuno qualche cambiamento alle regole del gioco. Ecco tre proposte concrete minime e a costo zero:1) Poter esprimere sempre almeno una preferenza. Una sola. Con le preferenze multiple il controllo del voto è possibile sia per determinare l’elezione di un candidato, sia per sapere cosa un determinato elettore ha votato.2) Per depositare una lista di candidati ci vorrebbe, oltre alla firma autenticata dei candidati e dei sottoscrittori, anche un sintetico curriculum vitae del candidato, certificato penale e una certificazione del funzionamento democratico del partito (assemblea annuale, bilancio certificato) che deposita la lista.3) Il deposito delle candidature dovrebbe avvenire sempre, per tutti, con la raccolta delle firme autenticate da porre sul retro del foglio dove è indicata la lista.

Valter Boero, Università di Torino

Forse, gentile signor Berto, ha anche letto le considerazioni che nei giorni scorsi ho aggiunto a quelle del professor Possenti e del lettore Zanatta, sollecitato dalle lettere del senatore Stefano Ceccanti, di Cesare Cavalleri e, sabato scorso, dei deputati Rocco Buttiglione e Lorenzo Ria. Mi sembra di essere stato sempre piuttosto chiaro, parlando di preferenza unica nel caso di elezioni con liste concorrenti, o – in alternativa – di primarie per la scelta dei candidati di collegio (e non solo del candidato premier) nel caso di voto con sistema uninominale. Si tratta di indicazioni generali, nella consapevolezza che sono diversi i sistemi elettorali adottabili (maggioritari, proporzionali, misti, a uno o a due turni – e io personalmente tendo a preferire quelli a turno unico, più economici e più partecipati dai cittadini). L’importante, però, è che gli elettori italiani tornino – con ogni ragionevole garanzia di libertà, di pulizia e di trasparenza – a poter dire pienamente la loro quando si tratta di scegliere chi ci rappresenta in Parlamento. Un’esigenza che lei, professor Boero, sottolinea con lucidità e concretezza. E che, a mio avviso, l’amico Meo sintetizza in un aspetto chiave con bella efficacia. Grazie per le vostre riflessioni. Vedo che per fortuna anche altri, e con altro piglio, si stanno interessando al tema. Ne sono contento. Ma vedo pure tornare in azione certe "mosche cocchiere" radicali: quando le sento ronzare, mi preoccupo.