Opinioni

Oltre Scampia . Non solo dove si vive, ma come. È tempo di parlare di povertà urbana

Giovanni Laino mercoledì 24 luglio 2024

Giovanni Laino

La tragedia dei morti, dei feriti e degli sfollati della Vela celeste di Scampia richiede innanzitutto un momento di compassionevole silenzio e solidale cooperazione. Vittime della povertà urbana che – ben nota nel Paese – è particolarmente concentrata in un centinaio di quartieri. Soprattutto, ma non solo al Sud. Le vele di Scampia hanno assunto i caratteri simbolici del mostro urbano: strutture che – nei casi di quelle abbattute - sono risultate strutturalmente molto resistenti, ma, dopo oltre quaranta anni senza alcuna manutenzione, evidentemente hanno ceduto. Ma Scampia è molto altro. La maggioranza degli abitanti sono operai, lavoratori del ceto medio, insegnanti. Molti vivono in edifici civili alti recintati, costruiti da cooperative. Il parco che doveva essere polmone centrale del quartiere è chiuso per problemi di manutenzione e carenza di personale. Ma ci sono oltre quaranta associazioni che, come le diverse scuole, con diversi esiti, provano a fare società locale. Oltre alla vela residua, e al residuo campo Rom presente da decenni ai bordi del quartiere, qualche altro lotto è in condizioni pessime (le “case dei Puffi” chiamate così per l’esigua altezza dei piani).

Ma a Scampia c’è anche una edilizia pubblica di nuova costruzione, ove si è tentato di inserire negozi ai piani terra, cercando di realizzare una sorta di effetto strada di quartiere. Soprattutto grazie alla fermata della metropolitana una parte del quartiere si presenta in condizioni molto migliori di tanti altri quartieri di edilizia pubblica. Da un anno è stato poi avviato un corso universitario in Scienze infermieristiche con cui si prova a stimolare un pendolarismo di studenti e docenti che è sempre una risorsa per un territorio. Tornando ai cento quartieri, da Salicelle (Afragola) in provincia di Napoli ad Arghilla a Reggio Calabria l’elenco è ben noto. E poi le periferie interne alla città, ove migliaia di famiglie vivono problemi analoghi. In alcuni casi, come nella vela celeste, vivono centinaia di nuclei di occupanti abusivi, spesso censiti, per cui il ministero dell’Interno d’intesa con Prefetti e Comuni cerca una strategia di regolarizzazione. Quindi la questione non è solo dove si vive, ma se si è intrappolati in circuiti di povertà. Questi quartieri si presentano da decenni come un ginepraio di difficili contraddizioni, perché la povertà è concentrata, multidimensionale, le condizioni di degrado ultradecennali, in sintesi domina la riproduzione delle disuguaglianze. Scampia dopo che è stata visitata da vari Papi, presidenti della Repubblica e dopo che è diventata la scena di una filmografia che ha fatto tendenza, è da decenni oggetto di politiche. Proprio la vela ove è crollato un corridoio sospeso di accesso alle case, è oggetto di un complicato programma di riqualificazione. Altre quattro vele negli anni sono state abbattute ma una parte degli studiosi e i responsabili del governo urbano hanno voluto immaginare un recupero di questo edificio, anche in termini di memoria collettiva. Si vedrà se la tragedia implicherà un cambio di rotta.

Avevamo già indicato nel 2017 nella relazione finale della commissione parlamentare per le periferie della XXVII Legislatura, come nel Paese ci siano un centinaio di quartieri che necessitano di politiche straordinarie non nel senso di iniziative spot, ma programmi con concentrazione di risorse, continuità attuativa, reale coinvolgimento delle risorse locali, opportuna pratica di zone di educazione prioritaria, programmi di sostegno al reddito e all’inclusione lavorativa, stabilizzazione dei servizi più qualificati quando già attivati dal terzo settore. Come è stato per Caivano i media si allertano solo dopo le tragedie. Lì il governo ha messo in campo un intervento rilevante e, a guardar bene, con o senza il Pnrr nelle città vi sono molte decine di programmi di rigenerazione urbana, localizzati spesso in territori come questi. Solo che le risorse di tali programmi sono ancora molto concentrate sulle pietre e non sull’esigibilità dei diritti. Come avevamo scritto nella relazione finale della citata Commissione Periferie, occorrono politiche di tipo integrato, risorse umane ed economiche dedicate, presenza seria e continuativa dello Stato.

Docente di Politiche urbane al Dipartimentodi Architettura dell’Università di Napoli Federico II