Opinioni

Il direttore risponde. Sara e i media, indignazione e pena

sabato 9 ottobre 2010
LO STRAZIO DI SARA / 1 - «BASTA DOLORE-SPETTACOLO» Caro direttore,sono, ormai da tempo, una giovane e affezionata lettrice di Avvenire. Le scrivo in merito alla tristissima vicenda di Sara Scazzi. Ho ascoltato commenti molto contrastanti sul ruolo avuto dalla trasmissione "Chi l’ha visto?" nel comunicare la notizia della svolta nelle indagini e sull’opportunità di continuare la trasmissione, alla presenza della mamma di Sara. Personalmente, mi sento contrarissima, anche come giovane donna, alla continua spettacolarizzazione del dolore altrui, in un crescente voyeurismo che mette prima i cosiddetti "diritti" del pubblico (all’informazione, o piuttosto alla morbosità?) rispetto alla sacralità della vita umana e all’intimità delle tragedie personali. A mio vedere, sarebbe da evitare la presenza in diretta dei congiunti di persone scomparse o appena decedute; preferirei ci si limitasse a comunicati registrati o ad appelli in differita. In secondo luogo, disapprovo completamente che – con l’obiettivo facilmente immaginabile di aumentare l’audience – notizie come quella della morte di Sara vengano date in un contesto come quello: in diretta, alla presenza della madre. Mi chiedo però un’altra cosa: chi ha passato alle agenzie la notizia della morte di Sara prima che venisse informata – in privato – la famiglia? A quanto mi risulta, quando, per esempio, ci sono vittime italiane in incidenti o catastrofi naturali, i loro nomi non vengono comunicati dai telegiornali finché le famiglie non siano state avvisate. Chiedere alla conduttrice di tenere per sé uno scoop come quello sarebbe stato eroico, nel mondo della nostra televisione: mi chiedo, invece, di chi sia la responsabilità per una comunicazione che avrebbe dovuto rimanere segreta per qualche ora ancora. Non posso che augurarmi, da cittadina, da donna e da cristiana, che si ricominci a pensare un po’ di più alle persone e un po’ meno all’Auditel.

Chiara Bertoglio

LO STRAZIO DI SARA / 2 - «RISPETTARE I MORTI»Caro direttore,questa è l’epoca del fango. Fango dappertutto. Fango sulle case, a causa delle piogge. Fango sulle persone, a causa della politica. Fango sul corpo di una ragazzina uccisa e gettata in un pozzo. Ma adesso, scusate, la ragazzina morta non sarebbe il caso di lasciarla riposare in pace? Oppure conviene fare una trasmissione televisiva dietro l’altra di approfondimento, o per meglio dire, di sprofondamento per l’appunto nel fango? Io capisco i giornalisti costretti a fare necessaria informazione su fatti di cronaca nera, ma non capisco quelli che si tuffano con ardore su tali fatti come su fossero cibi prelibati da gustare lentamente. Non gli sembra vero: ore e ore di trasmissioni con ascolti assicurati. Sì, perché sono in molti a guardare, a dire che strazio che pena, fammi sentire, che strazio che pena fammi sentire ancora. «Requiem aeternam dona eis Domine et lux perpetua luceat eis, requiescant in pace. Amen». La ricorderanno questa preghierina perlomeno i giornalisti religiosi? I morti, ne sono certo, amano il silenzio. Ma non si tratta solo di rispettare i morti. Proprio in questo momento (Rai2, 8 ottobre - ore 14,20) passo davanti al televisore che mia moglie (ahimè) tiene acceso, e sento la domanda profonda di un conduttore: «L’ha violentata subito o dopo ore?». Dio mio, ma si può?

Renato Pierri

LO STRAZIO DI SARA / 3 - «POVERO SERVIZIO PUBBLICO»Caro direttore,non bastava il "Chi l’ha visto?" di giovedì sera. Anche ieri, come non poche altre volte, "Pomeriggio sul Due" (Rai2) è stato uno sconcertante esempio di insensibilità e di tracotanza "giornalistica". A causa del conduttore e del livello degli "esperti" chiamati in studio ad analizzare il caso di Sara Scazzi. E durante "La vita in diretta" (Rai1), chi ha voluto – io ho voluto per pochissimo – ha ricevuto il resto. Povero servizio pubblico. Desolante.

Lucia Roversi

LO STRAZIO DI SARA / 4 - «TRASMISSIONE DI SERVIZIO?»Caro direttore,mi è parso inutile che Federica Sciarelli apparisse tra il disperato e l’innocente, mentre dava in diretta la notizia della morte di Sara. È stato inutile dire: «Se vuole chiudiamo la diretta», mentre il volto esprimeva la soddisfazione per uno scoop che non voleva lasciarsi scappare. È inutile nascondersi dietro la frase: «Siamo una trasmissione di servizio», come se questo giustificasse il calpestare la dignità del dolore di una mamma e degli amici di Sara. Proprio perché parliamo di una trasmissione di servizio, il ruolo dei telespettatori (non quello degli spettatori in sala, spettatori di che? Del dolore degli altri?) è determinante per ritrovare le persone in difficoltà. Ma se molti telespettatori rimangono sconvolti o disgustati da una puntata come quella dell’altra sera e, come me, decidono di non guardare più "Chi l’ha visto?". Finché tale trasmissione non avrà il coraggio di tornare a essere, appunto, trasmissione di servizio e non un luogo di vivisezione della vita privata e della sofferenza ridotta a spettacolo. Quella di mercoledì è stata solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso. È probabile, peraltro, che saranno tanti quelli che continueranno a guardarla, perché persino la morte in diretta ormai non scalfisce più il cuore a quasi nessuno. Io appartengo a quel "quasi". E aspetto con fiducia un passo indietro, che faccia dire a Federica Sciarelli: «Ho sbagliato». Prima di tutto dentro di sé e, magari, anche davanti alle telecamere.

Emanuela L.

LO STRAZIO DI SARA / 5 - «ALMENO SILENZIO»Caro direttore,la tragedia di Sara ci ha sconvolti tutti; non sarà facile mettere ordine tra i sentimenti tumultuosi che hanno invaso gli animi dei protagonisti e degli ascoltatori. Credo che il compito che un quotidiano come Avvenire possa svolgere sia quello di far emergere (con difficoltà certo), la capacità di perdonare anche in situazioni così agghiaccianti; di non aggiungere odio a violenza. Leggo che il fratello della vittima si augura il suicidio dell’assassino, ma questo è terribile: con tutta la comprensione, è un auspicio assurdo. Non vorrei cadere nel buonismo e nel perdonismo a buon mercato, ma – fatte salve le conseguenze giudiziarie per il reo – sarebbe davvero bello non aggiungere sanzioni morali eccessive e pensare già a un recupero, o perlomeno al silenzio. Che il cielo ci aiuti.

Luigi Murtas, Cagliari

LO STRAZIO DI SARA / 6 - MEDIA COME «CANI SULL’OSSO»Caro direttore,una piccola protesta sottovoce. Il caso della giovane Sara. Per settimane la si è cercata e sui giornali nazionali nulla è più apparso su di lei. Come, infine, la verità è venuta fuori, triste e cattiva nella sua miseria, i giornali e tv ci si sono buttati come "cani sull’osso" con titoli sparati. E titoli e modi che fanno premio sulla violenza esercitata contro il cadavere della giovane. Ho trovato questa reazione banale e, anch’essa, assai misera. Per cui ho apprezzato e apprezzo l’eleganza e la misura del suo giornale e la cura con cui non mette in mostra e non lancia sul mercato della violenza giornalistica quella miseria che a tutti noi umani, in qualche misura, appartiene. Mi fa tristezza constatare, una volta di più invece, che per il resto della cosiddetta "stampa libera" il mercato e la vendita sono l’unico criterio etico e l’unico valore non discutibile. Il resto, a cominciare dalla pietà, evidentemente è già morto.

Raffaele Ibba, Cagliari

LO STRAZIO DI SARA / 7 - CHIAMIAMO IL MALE «PECCATO»Caro direttore,la vicenda di Sara dimostra, una volta di più, che il male – come un terribile marchio (che la Chiesa, da alcuni definita oscurantista, chiama peccato) –, è presente in ogni uomo. Tant’è vero che la Bibbia, fin dal suo primo libro, la Genesi, ci presenta il decadimento dell’uomo che cede alla tentazione. E l’effetto di questo decadimento lo si vede in Caino che uccide Abele, per l’invidia che aveva nei suoi confronti. La storia dell’uomo, se la guardiamo attraverso i libri di storia o dalle cronache dei media, appare come una autentica macelleria! E c’è purtroppo nelle nostre società "democratiche" una "macelleria" causata da leggi che consentono la soppressione dalle vita nel seno delle madri. Ma, da un grave delitto e da una grave ingiustizia perpetrata sull’Innocente per eccellenza, il Cristo, è venuta la nostra salvezza! L’umanizzazione e la liberazione dal male ci vengono solamente da Lui, non certo dalle nostre forze e dai nostri ragionamenti! Ma dalle numerose analisi degli esperti e commentatori che ho sentito leggere dal conduttore di Prima Pagina riguardo la tragedia di Sara, non c’era traccia di quanto dice la tradizione cristiana a tal proposito. Questo a conferma del fatto che anche l’informazione è "malata". E se fosse proprio per questo motivo che non riusciamo ad arginare il male? Oltre tutto, per arginarlo, è necessario riconoscerlo e trovare il Medico che lo sappia curare, forse allora ci accorgeremmo che anche il bene è attraente, e in più, edifica!

Claudio Forti, Trento

LO STRAZIO DI SARA / 8 - «VITA SACRIFICATA ALLO SHARE»Caro direttore,"La morte in diretta" poteva essere il titolo di "Chi l’ha visto?" di mercoledì. Una diretta che si è chiusa con il rumore del pianto della cugina di Sara, figlia dell’assassino, che non era fra gli "inquadrati" della casa, pianto che lasciava presagire che l’atroce notizia fosse del tutto vera, come purtroppo è stato. Non voglio fare la morale. Ma una questione morale sì. Che senso ha tenere un collegamento in diretta con un genitore di una ragazzina scomparsa dopo averle dato in diretta la notizia del ritrovamento di un cadavere che con molta probabilità è proprio il suo? Che senso ha tenerla lì sotto i riflettori, bombardata da un ping pong di notizie in attesa di conferma? Che senso ha tenerla lì, annunciandole persino che a uccidere Sara è stato un parente stretto? Si dirà, la madre non era costretta a continuare il collegamento, cosa che la conduttrice ha più volte detto durante la diretta. Ma una madre in quelle circostanze può preoccuparsi di essere in un reality? Cosa ci voleva a interrompere il collegamento da parte della conduttrice? Ho provato rabbia e amarezza. Perché la sacralità della vita è sacrificata di fronte allo share, all’audience. Perché anche la dimensione più intima e privata della persona fa spettacolo. Perché Sara ha dovuto subire anche questo.

Jacopo Cellai, Firenze

LO STRAZIO DI SARA / 9 - «FACCIAMOCI TUTTI UN ESAME»Caro direttore,le scrivo non certo per unirmi al coro dei milioni di italiani che in questi giorni sognano a occhi aperti di avere tra le mani lo zio di Sara, per dargliene di santa ragione, ma per riflettere con lei sull’uso improprio che gli autori della Rai fanno della televisione. È possibile che una nota trasmissione televisiva arrivi al punto di comunicare in diretta televisiva alla mamma di Sara la morte di quest’ultima? Ma valeva davvero la pena che gli autori televisivi pur di fare lo scoop arrivassero a tanto? Ma questa è televisione o che cosa? E cosa vale quello che dicono in questi giorni gli italiani che vorrebbero rendere eunuco lo zio perverso di Sara e poi tra nemmeno una settimana torneranno a parlare di come e dove trascorrere il weekend? Allora se avviene nel villaggio globale che uno zio intenda consumare un rapporto con una ragazza che è minorenne e per giunta anche sua nipote, incominciamo tutti noi a fare un esame critico della maleducazione che imperversa nel mondo dei mass media.

Marco Ferrone, Roma

Le vostre lettere, cari amici, sono ovviamente solo alcune di quelle piovute in redazione tra mercoledì notte e ieri sera. Un fiume in piena gonfio di lacrime e di indignazione, di sgomento e di ribellione. Spero che cresca sino a travolgere gli scintillanti argini dello stagno televisivo e giornalistico, ribollente di feroci o stomachevoli scoop e di troppe brutalità mediatiche. Si dia spazio alla buona tv e al buon giornalismo che, pure, esistono e sono ben possibili e non solo nel servizio pubblico. Ma soprattutto, prima ancora dello stile e dei contenuti, si ritrovi il senso della pietà umana. (mt)