Chi o che cosa stiamo diventando? A chi o a che cosa ci stiamo riducendo? Vien voglia di domandarlo a san Francesco di Sales, patrono dei giornalisti. Per farci illuminare da lui. La sua festa ricorre lunedì e, tradizionalmente, è l’occasione di incontri e celebrazioni. E allora chiediamoglielo, in questa sorta di "fine d’anno giornalistico" che più orribile non poteva essere. Chiediamoglielo mentre molti, troppi di noi – per loro libera, tragica scelta; o per loro sciagura – si occupano tutto il giorno non dei giovani senza lavoro o dei focolai di rivolta nel Mediterraneo, non delle grandi scelte economiche che finiranno per influenzare la nostra vita quotidiana, ma di quanto, fino a ieri, era appannaggio esclusivo di rotocalchi da strapazzo. È giusto chiederglielo, perché la nostra professione sta subendo una mutazione genetica tanto palese quanto rapida. Carta stampata, radio e tv, internet. Non importa quale sia il nostro mezzo. Importa che non siamo più gli stessi. Ma non ci pare di essere migliori.Molti, troppi di noi sono come il professor Seth Brundle, interpretato da Jeff Goldblum, protagonista del film
La mosca diretto nel 1986 da David Cronenberg. Biologo e fisico molecolare geniale, Brundle inventa il teletrasporto. Ma quando lo sperimenta su di sé, una mosca entra nella cabina e i loro Dna vengono ricombinati. Sempre più rapidamente, Brundle si trasforma. Orribili escrescenze ne deturpano il corpo, infine interi organi vengono sostituiti da parti mutanti. Alla fine l’uomo è irriconoscibile e la mosca – dalla forza inaudita e senza amore né compassione: è una mosca, guidata da istinti da mosca – lo ha rimpiazzato.Stiamo anche noi tramutandoci in giornalisti-mosca? Il giornalista-umano sa di avere un compito al tempo stesso semplice e arduo: guardare, ascoltare, pensare e riferire al pubblico quel che ha visto e ascoltato, e le sue riflessioni in merito (quando ne vale la pena, con misura). Deve aiutare la gente a capire, quella gente che non può dedicare 12 ore della sua giornata a cercare notizie e a confrontarle, e quindi si rivolge a professionisti, di cui si fida, che ci pensino al posto suo. Il giornalista-umano sa che la verità esiste ma imprecisi e imperfetti sono i suoi strumenti per accertarla sempre e comunque; ama la verità e la cerca, pronto a correggere la rotta, offrendo ai lettori soltanto ciò di cui è ragionevolmente certo.Il giornalista-mosca scopre di possedere una tromba al posto delle tonsille. Strilla, strilla sempre. Scopre che a un certo genere di pubblico piace la mosca, orrida ma strapotente, e si trasforma in megafono per le opposte tifoserie. La verità non gli interessa. A lui interessa soltanto ciò che conviene a lui e ai suoi capi; e ciò che fa vendere, sia vero o falso non importa. L’importante è l’attrazione: ciò che è attraente va in pagina, a prescindere che sia vero o falso; ciò che non attrae, finisce nel cestino.I giornalisti-mosca non hanno per nulla a cuore il pluralismo, il confronto, la libertà e la democrazia. Se dozzine e dozzine di testate del territorio, tra cui molte cattoliche, finiscono strangolate dall’aumento a sorpresa delle tariffe postali, riducendo lo spazio di libera informazione in Italia, e quindi togliendo ossigeno alla democrazia, loro se ne infischiano. Sgranano la mascella e strabuzzano gli occhi in tv, con l’aria feroce. Pare che l’audience s’impenni, quando la mosca ti fissa, inespressiva ma terribile.Se così ci stiamo riducendo, è così che vogliamo ridurci? Anche in nome di san Francesco di Sales, nostro patrono, che sia il caso di organizzare una resistenza?